Che cosa unisce un anarco-libertario post ideologizzato come me a Francesco Storace leader della destra sociale italiana? Il rispetto per chi ha scelto il proprio cammino senza gesti clamorosi per sentirsi qualcuno, e che vive senza alcuna ipocrisia e con il rispetto di se stesso e della propria pulizia. (g)

Certo, anche se sull’avvento di Cristo io la penso come Pannella, si è trattato di fecondazione eterologa, nulla toglie al fatto che la vita abbia spesso incrociato e sovrapposto le nostre strade. Si tratta di incontri come quelli ai quali mio fratello Ambrogio fungeva da consolatore per entrambi, chiusi nel piccolo ufficio al Senato ed asfissiati dal fumo e dalla noia, oppure come quelli fatti in un’estate siciliana davanti ad una favolosa zuppa di pesce servita nel ristorante dove Gino Paoli ha scritto una delle sue celebri canzoni, fino alla nascita del suo partito e a tutte le traversie che si sono succedute fino ad arrivare ieri alla sua incoronazione a segretario di un partito che conta quasi un milione di voti e quindicimila iscritti.

Il giorno che l’ho conosciuto ad Arcore era sotto di 15 punti nella corsa alla presidenza della regione Lazio e non avrei scommesso due lire sulla sua vittoria ed invece gli ho visto consumare le suole delle scarpe e ribaltare una situazione come non ho mai visto fare a nessuno. In questi anni ci sono stati tanti momenti belli che ricordo con affetto e qualcuno brutto che non vi racconterò.

Francesco rappresenta in un panorama in cui i valori, l’amicizia, la lealtà, il coraggio sono obnubilatati dall’interesse, dall’opportunismo, dalla viltà, un elemento di assoluta discontinuità, qualcosa che difficilmente si piega al senso comune. Molte delle cose per cui si batte con i suoi le reputo giuste e tante altre non le condivido ma mi sono battuto con lui perché avesse la possibilità di esprimersi, di confrontarsi, di misurasi ed è per questo che dice il vero su Daniela Santanchè.

La straordinaria intuizione che l’ha portata ad essere il primo candidato premier donna in Italia, il carico di aspettative che ha saputo generare e la fiducia che le è stata data da tutto l’elettorato de La Destra sono qualcosa che lei ha buttato via in preda ad un narcisismo tipicamente maschile. E’ come se fosse rimasta schiava della caratterizzazione inventata dalla Cortellesi, un eccesso verbale, un’aggressività ingiustificata e soprattutto un innamoramento per il suo personaggio.

E’ vero avendo seguito la campagna de La Destra ad un certo punto ho dovuto abbandonare, lasciare perché quel personaggio, antagonista anche al proprio potenziale bacino elettorale, è stato il vero limite, l’impedimento che il partito di Storace ha avuto di varcare la mitica soglia del 4%, perché è stata proprio lei ad andare allo scontro frontale con Berlusconi inducendo gli elettori del centrodestra non a confluire ma a diffidare. Una mossa sbagliata il cui prezzo è stato salato per tutti.

Complessivamente la campagna de La Destra e della Santanchè rimangono una delle più grandi campagne di comunicazione fatte in Italia, costruita in soli 40 giorni e senza una lira. Adesso Storace ed il suo partito devono fare i conti con il futuro che nessuno gli può negare.