Ricordo Umberto Bossi un’estate a Ponte di Legno. Lui e Funari erano capaci di fare l’alba tracciando scenari surreali e suggestivi sul mondo e i sui suoi abitanti. Il potere ipnotico era magnetico ma quello che prevaleva era la simpatia di Bossi, che non faceva certo ombra al suo linguaggio, chiaro nelle espressioni, meno nei concetti.

Lunghi discorsi come storie raccontate in un peana intorno al fuoco. La sua tribù lo ascoltava e seguiva le sue raffigurazioni tracciate a matita sul retro della tovaglietta di carta. Nessuno capiva una cippa ma tutti erano molto coinvolti, forse perché ognuno era libero di capire quello che voleva.

Oggi Umberto Bossi si è dimesso. Oggi finisce un’epopea. Era inevitabile che finisse. E’ finita male.

All’inizio della mia carriera il mio primo cliente politico fu proprio la Lega. Poi tante ma tante cose mi hanno tenuto lontano da lei.

Da uomo del nord che vive a Roma, dove ho deciso di far crescere i miei figli, non ho timore a dire che la Lega non mi piace per ciò che dice e rappresenta. Da oggi, forse, con Maroni non si parlerà più di Padania, di secessione e di razze, ma questo non mi impedisce di salutare il vecchio leone che lascia l’arena ferito.