OSPITO L’EDITORIALE DI AMBROGIO, NE CONDIVIDO PAROLA PER PAROLA: “Spesso le rivolte dei giovani sono state senza costrutto, uno sfogo di rabbia che non ha cambiato lo stato delle cose e le ragioni stesse del disagio lasciato in eredità di generazione in generazione.

Pensare che il sobbuglio nelle università di questi giorni sia dovuto al taglio del 3%, tra l’altro nascosto stupidamente dal Governo e negato anche oggi dalla stessa Gelmini, è quento meno ingenuo.

Gli studenti contestano il futuro che viene loro lasciato che per la prima volta negli ultimi decenni è privato della speranza di essere migliore di chi li ha preceduti.
Berlusconi non capisce, parla di soldi, parla di se stesso a ragazzi che non possono condividere con lui il loro bene più prezioso, l’avvenire. C’è invece chi capisce benissimo e sta utilizzando questa rabbia per mantenere i propri privilegi,
I BARONI che rappresentano una delle più disgustose ipoteche sul futuro dei nostri ragazzi. LE BARONIE nell’università sono centri di nepotismo, uno dei più gravi “cattivi esempi” che la nostra società fornisce ai giovani.
I BARONI non sono interessati a sviluppare la ricerca e l’innovazione, nè tantomeno sono interessati alla formazione della nostra gioventù, sono una delle caste più ciniche e parassitarie che minano il nostro Paese.
Nessun talento, nessun merito o sacrificio vengono tutelati ma affari di famiglia o di famigli, fette di potere fatte di sopraffazione e arroganza.
Basta verificare quanti sono i dipendenti e i collaboratori che nelle singole facoltà portano con sfrontatezza il cognome del rettore di turno.
Ecco perché questa rivolta che è nata contro le mezze verità del governo deve alzare il tiro sui veri problemi dell’università, perché i tagli necessari siano selettivi e non colpiscano ma premino chi nelle università e nella scuola italiana ha un ruolo attivo e generativo.
Certo può sembrare difficile contestare chi poi decide il tuo futuro attaverso i voti e i giudizi, ma è l’unica strada per far crescere la leggitimità di una protesta che può diventare proposta.” Ambrogio Crespi