Daniela Santanchè, la pitonessa , l’ho conosciuta quando militava in Alleanza Nazionale , mentre maturava il suo malessere verso la classe dirigente di quel partito che osó definire essere armata di   “palle di velluto”.

Che rivolto a maschi di destra suono come una profanazione di un santuario. Le sue prese di posizioni sulle donne e sull’islam non lasciavano dubbi : mai mezze misure , mai sottovoce.

Facemmo dei Focus Group, lei dietro il vetro ascoltava prendeva appunti ,diligente attenta seria e curiosa. Il suo ufficio laccato e ‘ cristallato’ era pieno di uomini che correvano ordinatamente . Tutto era sempre frizzante, non era raro fare incontri con lei mentre si faceva fare i capelli o mentre faceva altro contemporaneamente .

Antipatica, un tono oggettivamente superiore, nessun atteggiamento seduttivo nessun indugio. Lei ti conquista , ti coopta, non ti seduce.

Mai un dubbio, sempre asciutta , lucida , affilata.

Ho seguito la campagna elettorale per La Destra di Storace, quella nella quale era candidata premier: a sentirla doveva vincere. Convinta al punto di farti sentire in colpa se solo ti venivano dubbi. Il suo entusiasmo era tale da non consentirti obiezione alcuna.

Un leader naturale, un carisma maschile che manifesta con sfrontatezza con arroganza.

Prima di rompere con Storace mi parlò e mi disse con chiarezza sconcertante che lei voleva fare o il segretario o il presidente, non cercò alleanze, non uso’ mezzi termini , giri di parole, metafore.

Diretta e violenta.

E quello che mi diceva in privato lo risentivi tale e quale in pubblico senza neanche cambiare il tono della voce .

E quello che diceva faceva, e in quel caso lo fece come la storia ci ricorda.

Daniela Santanchè non cerca protezione , non si muove all’ombra di nessuno, fa squadra solo se a comandare il gioco e’ lei. Tira la cordata , non va a traino.

Non dissimula, non si mimetizza, ti sfida e ti sfotte .

Non è materna, è una donna che ostenta la sua bellezza e non nasconde ne’ ricchezza ne’ successo. Una donna così non la immagini portare il caffè alla mattina , non la immagini con i bigodini e la crema sul viso dietro i fornelli , è lontana dagli stereotipi del femminile tanto da sembrare sfacciata per le donne e da terrorizzare gli uomini,

Quante volte parlando di lei, ho sentito gente liquidarla con battutacce , anche pesanti, di quelle che si riservano a chi non sa stare al suo posto.

La Santanchè non è fragile, non è da proteggere e tanto meno chiede di esserlo. Dovrebbe essere un icona delle femministe, ma non è così : la detestano come possono

1. detestare un maschio. E lei ne ha tutte le caratteristiche , senza ambiguità .
2. Quindi la pitonessa non rientra in nessuno degli schemi antropologici e sociali nei quali noi collochiamo le persone, non risponde alle classiche classificazioni di genere , disorienta e sconcerta.

Ora è sotto pressione, è accusata di avere ammaliato Berlusconi , di averlo indotto in errore, di averlo consigliato male. Ci raccontano che un Berlusconi debole , fragile, si sia fatto confondere dal sibilo della pitonessa, cosa ridicola quanto comica per chiunque abbia avuto la ventura di frequentare le persone di cui parliamo.

La verità è che non  le perdonano di avere tentato di prendere la guida del partito e di averlo fatto senza chiedere il permesso di nessuno.

Senza protezioni o protettori ha fatto quello che raramente, soprattutto nel nostro paese ,  è consentito fare ad una donna: trattare il potere.

Non vi è dubbio che la sfida Daniela Santanchè l’abbia persa , tradita dal  calcolo che Berlusconi ha fatto e che solo il tempo ci dirà se sarà sensato .

Ora le colombe sono pronte a concedere la sua testa e i falchi la pretendono e tutti si aspettano un passo indietro.

Ma se Angelino Alfano, che ha dimostrato di avere un quid insospettabile, vorrà legittimarsi veramente come leader del centro destra, dovrà  rinunciare alla testa della Santanchè e farci i conti .

Non si può chiedere la pacificazione con la sinistra e non ricercarla in casa propria una pacificazione senza vendette che non abbia come fine solo quello di cancellare il marchio del “traditore”. Una pacificazione che apra un dibattito vero senza conflitto ma capace di formalizzare il confronto. Anche se Alfano sa bene che se a perdere fosse stato lui , la sua di testa la Santanchè l ‘avrebbe fatta rotolare lungo le scale di palazzo Grazioli, senza indugio.

Ma come insegna la storia chi vince , se non è generoso,  non ha vinto veramente.