radioradicaleRiporto di seguito l’intervista che ho rilasciato a Radio Radicale in occasione del compleanno di Marco Pannella.

Siamo a 85 e non bastano proprio perché qui in questo Paese, come diceva Feltri, ne servirebbero almeno il doppio di anni di Pannella

Sì, almeno il doppio. Beh, sentite io vi voglio raccontare come sono diventato Radicale e come sono diventato amico di Marco Pannella.

Negli anni 70, fine anni 70, a Milano io militavo nell’autonomia operaia. Ero uno di quei ragazzi che veniva da Baggio, un po’incazzati, che passavano il weekend a fare l’autoriduzione, magari vestiti da indiano metropolitano

Erano giorni difficili, giorni acri dove la gente moriva per strada: erano gli anni del terrorismo. Molti dei miei amici di quell’epoca poi me li sono trovati nelle cronache, nelle brigate rosse, nella clandestinità. Un giorno mia madre urla dalla cucina: “vieni a sentire”.  E c’era un signore brizzolato, Marco Pannella, che faceva un comizio in televisione, una tribuna elettorale che io ricordo con lucidità pazzesca. Parlava del 12 maggio, di Giorgina Masi. Di fronte a quella morte, a quella tragedia, le parole di Marco in quel  ragazzino della estrema sinistra milanese sono penetrate come burro. Lui parlava, di fronte ad una morte, non di vendetta: parlava, lo ricordo perfettamente, di amore, di portare amore nelle strade. Aveva in mano le fotografie dei poliziotti che si erano infiltrati. Era una denuncia forte, violenta ma allo stesso tempo non violenta ed era un atto d’amore pazzesco. E io a 17-18 anni ne rimasi completamente folgorato. Il giorno dopo smisi di frequentare l’ autonomia e divenni Radicale. E da quel momento non ho più abbandonato Pannella.

Pannella ha rappresentato per me il perimetro della mia formazione politica ma anche il perimetro delle cose che sono possibili. Il perimetro delle speranze che puoi raggiungere. La conformazione della mia coscienza civile, della mia coscienza sociale.

Pannella è una “cosa” che ancora oggi mi emoziona e non voglio parlarne al passato, perché il suo pensiero è attuale, presente, vibrante ed ascolti le cose che dice, che diceva dieci anni fa, venti anni fa  e le ritrovi sulla pelle vere vivide, assolutamente attuali.

Ricordava Benedetto della Vedova di quanti anni siano passati, quaranta quasi, da quando si è fatto arrestare per lo spinello: nel frattempo il mondo ha fatto in tempo a tornare sul fronte proibizionista , poi a ripensarci, parliamo degli Stati Uniti, e tornare sul fronte antiproibizionista

Ed è sempre lì. Ottantacinque anni è tutta la mia vita, perché io ne ho cinquanta e quindi non c’è un momento della mia vita che non sia pervaso da Marco, che oltre ad essere quello che vi ho raccontato è una persona cui io porto un affetto e un amore assoluto per la sua capacità umana di stare vicino alle persone nei momenti che contano. E questo non fa il paio con un leader politico, ma fa il paio con un grande uomo. Ciao Marco!

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