Non ho mai negato quanto Papa Francesco mi piaccia per la sua capacità di comunicare in modo diretto, per la qualità del messaggio, per i contenuti che questo annuncia. Un Papa oggettivamente rivoluzionario nei modi, nello stile, e assolutamente in sintonia con le difficoltà e le sofferenze della contemporaneità. Ma questa vicenda della “misericordina” è una delle più grandi boiate che potesse fare.

Per prima cosa, non è un’idea originale. Queste scatolette, sono anni che le troviamo alle feste patronali, ma quelle di provincia. La medicina con dentro la preghierina e il rosario è una modalità vecchia di 20 anni.

Il messaggio, poi, di per sé non è dei più lineari: la fede dovrebbe essere elemento di trasformazione dell’uomo, dovrebbe essere un avvento di gioia; collegare la fede con una medicina fa prelevare il concetto che la Fede stessa è uno strumento con il quale si cura il male del mondo; è un messaggio francamente molto più che demagogico, trash… con un pelino persino di volgarità. Poi, io sono d’accordo e sono assolutamente affascinato dalla semplicità, dalla irritualità e dalla perdita di ogni sfarzo clericale di Papa Francesco, però questo non lo deve far sconfinare in boiate pazzesche come questa vicenda.

Ha fatto perdere al Papa una certa spontaneità, perché è apparsa come un’operazione studiata, magari con un esperto di comunicazione un po’ retrò. Gli ha fatto perdere  tutte le caratteristiche del pontefice che alza la cornetta e ti chiama direttamente senza fare differenze di censo o di grado. Gli ha fatto perdere la naturalezza del pontefice che ti ferma per strada, bacia in fronte il bambino, accarezza il malato, che non ha paura di stare tra la gente, che non accetta la scorta come intercapedine tra lui e il suo gregge. Un’operazione sbagliata, insomma, che tra le altre cose lui ha presentato con qualche imbarazzo; non è sembrato un testimonial adeguato. Insomma, la medicina che fa bene al cuore, che fa bene all’anima, mi ha fatto, francamente, sorridere.

Gli perdoniamo, però, questa concessione al co-marketing, tra la fede e le medicine – cioè i farmaci – perché su di essi c’è poco da scherzare visto che non tutti gli uomini del mondo vi hanno accesso nello stesso modo, come nello stesso modo non hanno accesso all’acqua e al cibo. E in fondo di farmaci, nel mondo occidentale ne assumiamo ben oltre le necessità. Ormai non sono più strumento di cura, ma uno strumento di business al punto che si inventano le malattie per vendere i farmaci stessi.

Quindi caro Papa, mi auguro di non vedere più questa scatoletta famigerata, anche se da questa mattina era giù sui banchi dei gadget di tutti i venditori ambulanti di Roma.