grillo_urlaQuesta mattina su “Il Tempo” un mio commento sulla campagna elettorale, per le elezioni europee, di Beppe Grillo. Lo riporto di seguito.

Questa è la campagna elettorale di Beppe Grillo. Una campagna elettorale in cui l’ex comico genovese gioca una partita fondamentale, da cui dipendono il destino e la natura stessa della sua presenza politica. Con l’intervista a Mentana, Grillo era riuscito a rompere un modello consolidato di comunicazione, invertendo un trend negativo e inaugurando la rimonta che ha portato il Movimento 5 Stelle, secondo qualcuno, al “testa a testa” con Renzi. L’intervista con Vespa di ieri sera rappresenta un passaggio altrettanto fondamentale. Grillo va da Vespa per rassicurare una parte di elettorato che ancora gli sfugge. Per poter dire “io non sono cattivo, sono loro che mi disegnano così”. Deve rappresentare le sue esternazioni – a volte violentissime – come semplici esagerazioni da comizio, come battute, come esasperazioni del linguaggio. Lo spiega lui stesso: «A volte una parolaccia aiuta a veicolare un concetto, facendolo arrivare in maniera più diretta all’interlocutore». Grillo, insomma, ha la necessità di giustificare se stesso di fronte a un pubblico che non lo capisce. E, sul piano del contenuto, riesce più o meno a dire tutto quello che vuole. Riesce a rendere in maniera plastica l’idea di una «rabbia buona», elevandola al concetto di «vendetta giusta». Non si tratta di una distinzione da poco: la rabbia è cieca e tribale, la vendetta è selettiva e causata da un torto subito. Non è un caso che molti, nel suo movimento, si ispirino al film «V come vendetta», scritto dai fratelli Wachowski (quelli di «Matrix») e tratto dal fumetto di Alan Moore e David Lloyd, nel finale del quale viene fatto esplodere il Parlamento a Londra , come tentò di fare nel 1605 l’icona anarchica Guy Fawkes.

Ed è proprio la maschera bianca di Guy Fawkes che viene indossata dai militanti del movimento ai comizi di Grillo. Come non è una coincidenza che la “V” del “vaffanculo day” e del logo dei cinque stelle abbia la stessa natura grafica della “V” che campeggia nella locandina del film.

Nella comunicazione, i simboli sono valori. E i simboli del movimento di Grillo sono quelli, appunto, della vendetta selettiva determinata da un torto subito. Il torto subito è il futuro rubato agli italiani, la vendetta è mandare tutti in galera.

Grillo, da Vespa, tenta anche di esprimere una possibile idea di futuro, una bozza di programma. Ma non riesce ad essere credibile come quando demolisce la classe politica.

Grillo cerca di passare dal “ribellarsi è giusto” di Sartre al “Che fare?” di Lenin. Dalla rivolta alla rivoluzione. Ma ogni rivoluzione parte da un’idea di mondo, dalla visione della società nuova. E la sua visione è un guazzabuglio di democrazia diretta, dazi protezionistici, orti urbani e decrescita senza cemento.

La televisione, però, non è il luogo dei contenuti ma quello delle immagini. E sotto questo profilo Grillo, con il suo abbigliamento – giacca blu, jeans e camicia Brooks Brothers “bottom down” fuori dai pantaloni “che più bianca non si può” – mette in mostra una debolezza borghese e un po’ provinciale che poco si adatta alle sue ambizioni rivoluzionarie. Un rivoluzionario indossa sempre la stessa maglietta, nel palazzo del re o nella capanna del contadino. L’iconografia rivoluzionaria è stabile, non cambia adattandosi all’occasione. Grillo, invece, per rassicurare il pubblico di Vespa, cambia la sua immagine e perde credibilità, soprattutto di fronte al suo elettorato.

Grillo, insomma, ha sciupato una grande occasione. E ha probabilmente sancito la fine di ogni possibilità di sorpasso nei confronti di Renzi. Otterrà comunque un grande risultato, ma ieri – a complicargli la vita – ci si è messo anche un grandioso Bruno Vespa, che è riuscito a disinnescarlo, a renderlo ai minimi termini. E il leader del Movimento Cinque Stelle è caduto nella trappola: invece di profanare (con dolcezza) quel luogo sacro, ha familiarizzato con il nemico, arrivando addirittura a chiedergli di testimoniare in suo favore. Un atteggiamento incomprensibile per un rivoluzionario. Se vuoi tagliare la testa al re, non puoi salvare il suo ciambellano. Lui, invece, al ciambellano ha fatto addirittura l’inchino.

Fonte: Il Tempo