Metti una sera Giletti, una foto fantasma e un programma chiuso. E dunque, ricapitolando, ecco alcune cose importanti da dire – proprio ora che sembra intravedersi una soluzione – sul caso di cui mezza italia parla da una settimana, ma su cui nessun giornale scrive una opinione per la penna di un suo editorialista (poi ci si lamenta che i giornali perdano copie!).

Cosi, l’ultimo colpo di scena sul “caso Giletti” è che ieri Enrico Mentana – di certo dopo essersi sentito con uno dei grandi protagonista di questa storia, l’editore de La7 Urbano Cairo – scrive un post sul caso Giletti, proponendo una soluzione per rimediare alla chiusura del programma di Giletti. E riesce a farlo, senza che nessuno – neanche lui – ci abbia ancora spiegato perché era stato chiuso il programma di Giletti!
Non ci avete capito nulla? Avete ragione, così provo a spiegarlo sulla base di quello che ho capito io, non senza molte difficoltà.

1) Assassination.

La bomba esplode giovedì scorso, dopo un comunicato apparentemente anodino, ma in realtà deflagrante della rete: La7 chiude Non è l’Arena, con effetto immediato, ringraziando algidamente Giletti con una formula di rito. Nel momento in cui escono queste scarne righe, che nessuna spiegazione forniscono, il conduttore sta preparando la puntata della domenica. In redazione lo descrivono “addolorato e incredulo”. Fine. Giletti decide in un primo momento di non rispondere. Non fa interviste, non fa proclami. Sarà una buona scelta, visto che nel giro di pochi minuti Giletti verrà sommerso da una potente ondata di fango al punto di sembrare mediaticamente spacciato.

2. “Mascariamento”.

Passano solo due ore, e (nella migliore tradizione dei veleni alla palermitana) il conduttore di Non è l’Arena si ritrova attaccato su tutti i fronti. Una blogger di successo scrive – ripresa da siti e agenzie – che è in corso una perquisizione della Dia a casa sua. Anzi, peggio: a casa sua e negli uffici della casa di produzione, Freemantle. Ecco dunque, che per gli osservatori increduli un tassello che manca, una possibile spiegazione del licenziamento non spiegato.

3. Pistola fumante.

Queste notizie fanno scattare un teorema potenzialmente inquisitivo. Se Giletti è perquisito qualcosa di grave – forse persino gravissimo, di certo lo avrà fatto. Il conduttore smentisce in uno scarno comunicato qualsiasi perquisizione. Ma sulla sua testa continuano a piovere pietre, e nelle redazioni circolano veline e notizie impazzite che sembrano fatte apposta per confermare la notiziola sulla perquisizione, ormai diventata titolo di agenzia. Il venerdì arriva la notizia che pare la pistola fumante. Due giornali mainstream spiegano che secondo imprecisate fonti investigative, Giletti si trova sotto osservazione delle autorità giudiziarie. Cito testualmente il titolo di una pagina che rivela una notizia ancora più esplosiva: “Giletti: si indaga sui 48 mila euro versati al prestanome dei Graviano”. E dentro l’articolo, come se non bastasse, si aggiunge: “La partecipazione di Salvatore Baiardo a non è l’Arena finisce sotto indagine dei Pm antimafia di Firenze”. Dulcis in fondo la stiletterà al curaro: “al centro del fascicolo c’è il compenso ricevuto da Baiardo… si parla di almeno 48 mila euro, una parte dei quali ipotizzano gli inquirenti, pagata in nero”. Ultima perla: “quello che a Giletti non dice – è di essere stato interrogato due volte in qualità di testimone non indagato”. Inutile girarci intorno. Nel momento in cui queste righe vengono pubblicate, dunque, Giletti è tecnicamente uno zombie. Favoreggiatore di un (ex?) mafioso, pagatore in nero di un uomo dei Graviano, interrogato dai pm antimafia, sospeso da La7, e ormai impresentabile ovunque (Figuriamoci alla Rai).

4. Alibi.

Già: perché mentre nessuno fa ai dirigenti de La7 la domanda più banale, (e cioè come mai il programma sia stato sospeso!), questo improvviso fiume di notizie che arriva alle redazioni sembra sottrarre ogni dubbio, e fornire una serie di alibi. Perché non c’è un movente, ma c’è già una vittima: Giletti è interrogato, perquisito, e addirittura additato come pagatore in nero di un ex mafioso. Ma anche – filone minore – sostanzialmente infedele alla sua rete, perché “in trattativa con la Rai”. Ma anche responsabile di un programma dispendioso “con costi non giustificati dagli ascolti”. Sembra dunque che i giornalisti invece di fare le domande, si affannino a fornire loro le risposte.
In questa seconda giornata di fuoco Giletti mantiene il profilo basso ma prova a spiegare spiega tre cose con dichiarazioni telegrafiche: e cioè che non ha pagato nessuno in nero, che esistono le ricevute dei regolari compensi a Baiardo (30mila euro per tre programmi) “che ha le spalle larghe” e che la verità verrà fuori, anche se lui è “preoccupato per i 35 che restano senza lavoro”. Già, perché mancherebbero solo nove puntate alla fine della stagione: ma se c’è di mezzo la mafia, tutto si spiega. Ci si mette ed pure il Domani con un’ultima sensazionale rivelazione (si fa per dire). Giletti avrebbe usato Fabrizio Corona per comprare degli audio messaggi di Messina Denaro (a Roma come è noto dicono: “esticazzi!” ma tutto fa brodo).

5. La macchinetta del fango.

Nel caos più totale arriva un messaggio (su Tik Tok!) del superpentito Baiardo parla dieci minuti e dice cose particolarmente delicate.
La prima: non andrà più a la7 (cioè da Giletti) perché Giletti cerca di fargli dire delle cose “contro qualcuno”. Chi? Nessuno gli chiede. “contro chi” – voleva che lui parlasse, il conduttore dell’Arena?
Il mistero durerà solo 24 ore.
La seconda: che adesso inizierà una collaborazione con una rete davvero libera, Mediaset, perché ha appena firmato un contratto di collaborazione.
Alla fine della giornata la situazione di Giletti sembra davvero compromessa. Nota bene: nessuno di quelli che in quelle ore ha scritto di lui è stato anche solo sfiorato dalla semplice idea di chiedergli una opinione. O la sua versione su queste terribili accuse. (e poi si domandano perché i giornali non sono più interessanti).

6. Fotografie.

Il terzo colpo di scena sul caso arriva di nuovo su La Repubblica (e la Stampa). Sul quotidiano diretto da Maurizio Molinari a scrivere – questa volta – è Lirio Abbate, la musica è tutta diversa. Con la stessa facilità con cui era finito all’inferno (siamo arrivati a sabato) Giletti risorge. Apprendiamo infatti in contenuto del famoso interrogatorio sui suoi rapporti con Baiardo. E subito dopo veniamo a sapere che è stato interrogato anche Baiardo. E a quel punto scopriamo – finalmente – quale sia l’accusa di manipolazione che l’ex mafioso fa al conduttore. Essersi inventato una clamorosa polaroid che in realtà non esiste – risalirebbe agli anni Novanta, e ci sarebbero ritratti il giovane Berlusconi (non ancora in politica), uno membro della famiglia Graviano, e il generale Delfino. Baiardo spiega agli inquirenti di essersi indignato. Mentre quelli gli ripetono: “Giletti l’ha vista! Giletti l’ha vista!”. Bingo. Bomba atomica. Sgooppissimo. Dallo stesso articolo di Abbate apprendiamo che Giletti ha effettivamente racontato ai Pm di aver visto una foto, mostratagli da Baiardo da lontano, di aver riconosciuto il solo Berlusconi, di aver appreso dal pentito chi erano gli altri due, di averla chiesta per verificarne l’autenticità, e di aver ottenuto un netto rifiuto. Chi mente tra i due? E dove sta la polaroid incriminata apparsa nella mano di Baiardo? È vera o è un tarocco? Oppure se l’é inventata Giletti come assicura Baiardo?

7. Intercettazioni.

Ma, sempre grazie all’informatissimo pezzo di Abbate, arriva l’ennesimo colpo di scena (che come vedremo non sarà nemmeno l’ultimo). Mentre i due parlano, nella hall di un albergo, sia Giletti che Baiardo erano intercettati. E dunque Giletti ha detto la verità, e Baiardo ha mentito. Il che sembra gettare nello sconforto i mafiologi italiani: la prova che tutti sognavano di trovare – da l’odore dei soldi in poi – è sfuggita sia a Ingroia che a Scarpinato. Non l’hanno pubblicata né Santoro, né Sabina Guzzanti, né Marco TravaglioEnrico Deaglio. Ma è stata sfiorata (“Giletti l’ha vista! Giletti l’ha vista!” Dicono gli inquirenti a Baiardo) da un conduttore di destra, per anni accusato di berlusconismo, e per giunta privo di qualsiasi patentino da giornalista antimafia. Fatto gravissimo e politicamente scorretto. A questo punto mi immaginavo di leggere decine di editoriali, anche con le opinioni più disparate, dai fortunati possessori di patentino. E invece silenzio. Anche in questo caso, malgrado l’occasione ghiotta, nemmeno una riga. In compenso quelli di Striscia la notizia,, consegnano a Giletti persino un venefico e prestigioso tapiro.

8. Mosche bianche.

Alla regola del silenzio, per cui nessuno commenta la chiusura di un programma che ha sei anni di vita, un milione di spettatori, ed è stato per due stagioni il più visto de la7, si sottraggono solo due opinioni, per così dire “corsare”. Ma appartengono a due forme, entrambe a loro modo diverse. La prima è quella di Francesca Fagnani. La “belva” chiede ospitalità a La Stampa e scrive: “Non possiamo difendere solo la libertà di stampa dei conduttori che ci sono simpatici e non sono di destra. La chiusura di Non é l’Arena è un pessimo segnale per la libertà di stampa” (Anche Gaia Tortora – un passato non tenera con Giletti sulla Russia – prende posizione insieme alla Fagnani). Scrive poi Francesco Merlo nella sua rubrica della posta, su La Repubblica, toccando (finalmente) alcuni dubbi cruciali: “Premetto – esordisce – che non mi piacciono gli atti d’imperio e dunque non mi piace la chiusura d’imperio del programma di Giletti. Guardo poco la tv e benché fosse di successo, guardavo poco anche Giletti: ma questa brutta chiusura me lo fa rimpiangere”. E subito dopo: “Giletti, partito come allievo di Minoli, è diventato l’erede di Santoro, un misto di scoop e narcisismo, la piazza-tv dove le sfide sono giostre e i nemici compari, ma dove tutti vogliono andare e vanno. E dunque -aggiunge l’editorialista – è tv vincente perché è l’audience che, non solo in tv, misura la qualità”. Ma ancora più interessante è il commento di Merlo sul tema cruciale di quella immagine di Berlusconi: “Sulla foto, che Giletti dice di avere malamente intravisto da lontano, credo – spiega il giornalista – che la paura della foto abbia molta più sostanza della foto stessa che potrebbe non esistere ma alla quale tutti ormai credono”. Intanto Selvaggia Lucarelli, opinionista de La7 a Piazzapulita dice nel suo podcast (il sottosopra) che “Massimo Giletti é vittima di se stesso”. Anzi, che “non si capisce perché il programma non sia stato chiuso prima” . La Lucarelli ci mette la faccia, come sempre e dice quello che molti altri – nel mondo del giornalismo – pensano.

9. Finale.

Evidentemente nel vuoto pneumatico, e nel silenzio imbarazzato di tanti che non possono parlare, queste opinioni e i sussurri del dubbio predispongono il terzo e ultimo colpo di scena. Il più caloroso. Che arriva – questa volta – da un post di Enrico Mentana, e retwittato anche dal direttore di La7 Andrea Salerno. Merita di essere riprodotto quasi in integrale: “Sul caso Giletti – dice Mentana – continuo a pensare che queste crisi si superino solo con la chiarezza. So che Giletti non informò l’editore Cairo né della foto fantasma fattagli intravedere da Baiardo, né della conseguente convocazione dai pm fiorentini. È nelle prerogative di un editore sospendere un programma – aggiunge Mentana – ma forse Cairo non poteva immaginare che sarebbero poi emersi tutti questi elementi, che rischiano di dare allo stop di ‘Non è l’arena’ un segno diverso. Massimo Giletti è ancora sotto contratto, e la domenica resta libera. E allora – aggiunge il direttore del Tg de la7 – per domenica prossima stiamo pensando a una trasmissione che affronti tutte le questioni più scottanti emersi attorno a questa vicenda, adeguata testimonianza del fatto che da noi non si nasconde nulla, soprattutto quando si parla di mafia. E chissà che poi..”. Quindi ricapitolando: per la prima volta qualcuno de La7 dice la sua sulla chiusura (Giletti non ha informato della foto è di Baiardo, questo il problema). Poi aggiunge – sempre per la prima volta – che il programma non è chiuso “ma sospeso”, che la domenica è libera, che lui questa volta ci fa uno speciale sul caso, “e poi chissà”.

10. Sottofinale.

Ecco, io da comunicatore (e non da giornalista) vedo in questa storia alcuni incredibili paradossi su cui riflettere.
Il primo è che tutto inizia da una rivelazione inspiegabile. In quella prima famosa puntata in cui era stato ospite di Giletti, infatti, Baiardo aveva spiegato una cosa clamorosa: e cioè che Messina Denaro non era stato catturato, come ci ha raccontato la retorica ufficiale ma che “si è consegnato perché malato”. Questo è il primo buco nero su cui nessuno dei giornalisti possessori del patentino di “Mafiologi” ha ritenuto di dover intervenire.
Il secondo buco nero è quello su cui Giletti aveva fatto sei puntate ( e io confesso mi ero addirittura annoiato). E cioè che tutti a Campobello di Mazzara avevano visto Messina Denaro, ognuno con un nome e una identità diversa. Il Boss dall’odontoiatra. Il boss a casa di amici come finto medico (che dispensa addirittura diagnosi!), il boss al supermercato, il boss al ristorante, accolto come un cliente di riguardo. Il boss con le sue donne, compresa una maestra d’asilo, i suoi audio messaggi e i suoi pizzini. Adesso devo ammettere che per non essendo né giornalista né mafiologo sbagliavo ad annoiarmi, e che quella sulla latitanza fantasma di Messina Denaro era (ed è) una inchiesta clamorosa. Rompe il paradigma della verità ufficiale. Spiazza tutti. È solo ora abbiamo gli elementi in più che servono per intuirne l’omertoso mistero. Non è un caso, fra l’altro, che proprio il giorno in cui l’Arena veniva chiusa arrivasse la notizia dell’arresto di Laura Bonafede, ovvero la “donna di Messina Denaro” su cui tanto aveva raccontato Giletti. Proprio quando avrei voluto vedere la puntata dell’Arena, tornando sui dettagli che mi avevano annoiato, che adesso mi avrebbero dunque, mi chiudevano L’Arena (quanti come me?).
Terzo buco nero: ma quale è il vero motivo per cui è stato chiuso Giletti, allora? Per nessun motivo, ma forse per tutti questi, messi insieme. Perché non è stato mai spiegato il motivo della chiusura? Qui azzardo una mia idea. Perché Urbano Cairo è un uomo molto intelligente, che forse rispetto a quello che sentiva (o che gli riferivano) aveva pensato di dover mettere in sicurezza la rete da possibili accuse infamanti. Ragion di stato. Ma era sospensione (e non chiusura) come ci ha detto Mentana, proprio perché l’editore de La7 e il Corriere della sera non era convinto fino in fondo di un provvedimento così drastico. Adesso, essendo un editore liberale, come tutti noi, ne sa molto di più. Sa che Giletti non è stato arrestato: che non ha pagato compensi in nero. Che il suo dialogo con Baiardo, non hanno indotto in lui mosse azzardate, ma grande prudenza. E forse ora immagina di dover mettere in sicurezza non solo la sua rete, ma anche Giletti.
Quarto buco nero: quando un giornalista “di destra”, per giunta non mafiologo, arriva ad un passo da una notizia su Berlusconi, i suoi colleghi di sinistra vanno in tilt al punto che pare di sentir riecheggiare il nostro amato De André: “Bocca di rosa si tirò addosso/ L’ira funesta delle cagnette/ A cui aveva sottratto l’osso”.
Ma l’ultimo è più interessante buco nero, ed è un riflessione che mi ha indotto la lettura della posta di Merlo, e – questo si! – meriterebbe di essere il plot della “maratona Giletti” che Enrico Mentana vuole organizzare. La storia d’Italia è fatta a sua volta di fantasmi e di buchi neri. Di stragisti assolti, di mafiosi latitanti, purtroppo di innocenti condannati e di documenti e foto che non esistono, o sono sparite, ma che malgrado questo contano più che se fossero agli atti. Mi riferisco, solo per fare degli esempi, alla borsa di Moro. Al manuale Cencelli (che tutti citano e nessuno ha mai letto). Alle pagine strappate dal Petrolio di Pasolini. All’agenda rossa di Paolo Borsellino (che i ragazzi sventolano come una bandiera, anche se nessuno ha mai letto). Alla foto del bacio tra Andreotti e Riina, che è addirittura diventata la prova cardine di un processo storico quello sul Divo, anche se nessuno l’ha mai messa agli atti (ovviamente basta la sua trasfigurazione del film di Paolo Sorrentino). Tutto questo, ovviamente corrisponde al più grande esercizio di stile pasoliniano, all’”Io so”, che una italia è l’unico modo per parlare delle prove senza avere le prove. E che diventa ancora più importante adesso che c’è tra di noi lo spettro di questa polaroid fantasma. Perché uno si potrebbe chiedere: ma se Giletti e Baiardo erano – come abbiamo visto – intercettati, perché nessuno ha fermato il pentito per sequestrargli quel reperto, e scoprire se era un tarocco o una bomba atomica? Non da giornalista, ma da comunicatore, capisco che non aver fermato la foto, accresce il potere suggestivo della foto. Capisco anche che con Berlusconi in ospedale, qualsiasi narrazione su Berlusconi diventi più complessa di ieri. E che tuttavia proprio Giletti, e paradossalmente proprio perché “di destra”, politicamente scorretto, e privo di patentino da mafiologo e antiberlusconologo poteva essere l’uomo capace di fare questo racconto.

11. Ecco perché La7 oggi potrebbe stabilire un incredibile primato.

Essere la prima rete che fa (da sola) un dibattito sulla censura che nessuno ha il coraggio di fare, esorcizzando la censura (e forse, come suggerisce Mentana, persino disinnescandola). Ed ecco perché la foto di Berlusconi che diventa vera proprio perché scompare, potrebbe regalare anche a Giletti una miracolosa resurrezione. Permettergli di riaprire l’Arena, sull’ultimo dei misteri italiani. E far diventare un conduttore santo, risparmiandoci L ’epilogo del martirio che ha vissuto in questi giorni. Sospeso tra la passione mediatica e la resurrezione giudiziaria.

Di Luigi Crespi