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Al di là delle auto-proclamazioni di circostanza, dalla tornata elettorale di domenica emerge un solo vincitore.

Non si tratta di Matteo Renzi, che dovrebbe invece interpretare il voto delle Regionali come un campanello d’allarme. Se in Calabria (dove comunque non ha vinto un renziano) l’astensione è un fattore ormai quasi cronico, il dato della “civile e democratica” Emilia Romagna sottolinea, invece, un problema più serio per il premier. Come nell’indimenticabile “Saggio sulla lucidità” di José Saramago, il non-voto della regione rossa per eccellenza è una scelta politica consapevole, da parte di un elettorato che non sarà forse ancora pronto a votare contro il “partito”, ma che comunque non si riconosce nell’offerta politica che gli è stata proposta.

Si tratta di una dinamica con cui ha già dovuto fare i conti, negli ultimi tempi, Silvio Berlusconi, che poi è il grande sconfitto nel voto di domenica. Dopo aver perso la leadership del centrodestra, il Cavaliere rischia ora di perdere anche il prestigio accumulato in decenni di – a volte miracolose – vittorie elettorali.

A trionfare, invece, è stato Matteo Salvini. Prima di tutto perché, dopo aver lanciato la sfida a Forza Italia scommettendo sul sorpasso in Emilia Romagna, è addirittura riuscito a doppiare (anzi, di più) il risultato degli azzurri, ottenendo il quadruplo dei seggi (8 contro 2) in consiglio regionale. Poi perché ha completato, in modo credibile, il ricambio generazionale. Non solo nel suo partito, riuscendo in un colpo solo a far dimenticare la Lega dei diamanti di Bossi e quella delle ramazze di Maroni, ma anche nel centrodestra nel suo complesso, mettendo drammaticamente in luce il vuoto pneumatico che ormai permea la coalizione.

Dopo aver spostato l’asse ideologico del suo partito, sostituendo il nazionalismo anti-euro alle derive secessioniste pseudo-celtiche, Salvini sta riuscendo nell’operazione di far uscire la Lega dalla comoda ridotta nordista per spingere più a sud i confini del suo movimento e monopolizzare l’elettorato a destra di Forza Italia. Ed è ora nelle condizioni ideali per lanciare una vera e propria “opa” su tutto il centrodestra. Se sarà in grado di sfruttare nel migliore dei modi questo vantaggio strategico, rivitalizzando una coalizione in stato comatoso, lo scopriremo soltanto nei prossimi mesi.

Finora, però, ha avuto ragione lui. E la sua vittoria (insieme alla “non vittoria” di Renzi) riduce sensibilmente la possibilità di elezioni anticipate in primavera.