Ormai mancano poco più di 15 giorni al momento della verità e più si avvicina il 4 novembre  e più la tensione sale. Chi queste ore le vive come in un frullatore sono gli spin doctor, (stateghi delle campagne) e i pollster (sondaggisti) che hanno a che fare con una parola che terrorizza chiunque si occupi di previsioni.“CHANGE”, cambiamenti rapidi che comportano la presenza di tante variabili inedite che rischiano di minare le fondamenta metodologiche degli istituti: il primo candidato di colore, il più giovane della storia, una candidata donna alla vice presidenza, un contesto economico-finanziario in continuo e drammatico movimento, solo per citare alcuni esempi di possibili insidie che rendono sempre più difficile prevedere i comportamenti dell’elettorato ormai svincolato da ogni “abitudine”.

Vediamo ora come si sono attrezzati per affrontare questa difficile avventurai i più importanti professionisti ed istituti di ricerca americani. Tra i più stimati negli States c’è il sondaggista Neil Newhouse, partner della Public Opinion Strategies che ha fondato con Stan Greenberg uno dei più grandi pollster americani, per intenderci quello di Bill Clinton e Tony Blair che nel 2001 è stato a capo della campagna elettorale di Francesco Rutelli la stessa  che mi ha visto personalmente impegnato sul fronte, opposto Il grande Stan Greenberg in quella occasione non riusci a recuperare il vantaggio accumulato grazie ad una strategia costruita su ben 5 anni e che si concluse con il lampo che avrebbe spezzato le gambe a chiunque IL CONTRATTO CON GLI ITALIANI

E proprio Neil Newhouse che qualche giorno fa ha detto durante un incontro con alcuni giornalisti a Washington. “QUELLO CHE FACCIAMO CON I NUMERI E’ PIU’ ARTE CHE SCIENZA” Sottolineando cosi un approccio nuovo capace di fornire risposte selettive alle esigense sempre più competitive  di candidati che su du esse fondano decisioni capitali come la distribuzione delle risorse economiche  attraverso gli investimenti pubblicitari

Anche in questa tornata elettorale i sondaggi specialmente su scala nazionale stanno offrendo indicazioni contraddittorie. Il motivo e’ legato anche alle particolarita’ del sistema di voto e alle caratteristiche del Paese. Per votare occorre registrarsi, indicando un’affiliazione come democratico, repubblicano o indipendente. Anche questo rende più pericolosa LA GRANDE SFIDA dei i colleghi americani, cercare di capire come e quanto stia cambiando l’elettorato, in un anno che tutti ritengono di svolta.

E’ interessante verificare che le modalita’ con cui si sono attrezzati i vari istituti sono molto differenti e spesso e spesso controverse. Un esepio per tutti: e’ convinzione diffusa che quest’anno aumentera’ la partecipazione al voto degli under 30, in buona parte perche’ attratti da Barack Obama. Ma prevedere come si orienteranno e’ difficile con i metodi tradizionali: i sondaggisti usano le linee telefoniche fisse, mentre i giovani comunicano su cellulari e web, inoltre, sono limitati mezzi per tastare il polso alle minoranze, mentre capire per esempio quale sara’ la reale affluenza degli afroamericani e’ stavolta decisivo, vista la presenza di un candidato nero.

Le maggiori controversie sono legate a formule che vengono usate per ‘parametrare’ i risultati. Alcuni istituti ritengono che i dati che ottengono debbano essere ‘pesati‘ e modificati per renderli omogenei con le affiliazioni ai partiti su scala nazionale. Cosi’ per esempio il sondaggista Scott Rasmussen e modifica i risultati per adeguarli a questa realta’.

John Zogby, un altro sondaggista, polemizza con la medodologia Scott Rasmussen. Le sue rilevazioni danno vantaggi minori a Obama. Zogby ha spiegato al Wall Street Journal che il motivo dellaa differenza e’ che ”alcuni partono dal presupposto che solo il 27% di coloro che rispondono siano repubblicani: sbagliano, non descrivono l’America”.

Ci anche sono sondaggi, come il Los Angeles Times-Bloomberg, che evitano qualsiasi formula per omogeneizzare i risultati in base alle percentuali di affiliazione e li usano per quello che sono.

Altri istituti, come la celebre Gallup, hanno deciso di offrire ogni giorno ben tre risultati diversi. Un sondaggio riguarda semplicemente gli elettori registrati, a prescindere dalla loro effettiva volonta’ di esprimersi. Ma tra gli aventi diritto e coloro che alla fine votano davvero in America c’e’ un ampio divario, legato anche al fatto che in molti Stati dove l’esito e’ scontato gli elettori non sono particolarmente stimolati a presentarsi alle urne. Nel 2004, l’affluenza alle elezioni presidenziali fu del 60,7% (122 milioni di persone) ed e’ stata la piu’ alta dal 1968.

Per questo, Gallup offre adesso anche altri due sondaggi legati agli elettori probabili‘, che si basano su modelli storici e formule studiate sulla base dei cambiamenti della societa’. Una prima rilevazione, definita ‘tradizionale, si serve dei modelli delle passate elezioni ed e’ quella che attualmente indica un vantaggio minore per Obama. Una seconda, chiamata ‘modello allargato, e’ legata alle effettive intenzioni di voto e tiene conto della possibile maggiore affluenza di giovani e minoranze. (Attraverso ansa).

il 4 novembre, finalmente sapremo chi ha ragione!