di Paola Ambrosino – “Mi auguro che “Enzo Tortora, una ferita italiana” trovi diffusione anche attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo e che quest’ultimo non perda un’occasione di civiltà come invece è capitato al Festival del Cinema di Roma”: così il capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, Walter Verini, sul docufilm di Ambrogio Crespi a un anno dal suo debutto e alla vigilia della partecipazione al Napoli Film Festival, prevista per mercoledì 1 ottobre.

Era infatti il 12 novembre 2013 quando, in un’affollata Auletta dei capigruppo, presso la Camera dei deputati, veniva proiettato per la prima volta il documentario sulla vicenda umana e giudiziaria di Enzo Tortora, un documentario scartato da Muller ma accolto, invece, da oltre 50 parlamentari bipartisan che si fecero promotori del suo lancio su invito del deputato dem Michele Anzaldi.

Da allora è trascorso quasi un anno, un arco di tempo nel quale “Enzo Tortora, una ferita italiana” ha fatto il giro del paese con importanti tappe anche all’estero fra Bordeaux, l’università di Exeter in Inghilterra e il Parlamento europeo di Bruxelles. Un anno importante, di successi, di riconoscimenti e, soprattutto, di battaglia civile. Il documentario di Ambrogio Crespi ha infatti l’obiettivo di spronare la politica affinché porti finalmente avanti quella riforma della giustizia alla quale auspicava anche Tortora e che oggi, a 26 anni dalla morte, non si è ancora concretizzata.

Per avere un commento sul documentario, la redazione di Tazebaonews ha intervistato l’onorevole Verini.

Onorevole Verini, a quasi un anno dal suo lancio, il documentario su Tortora parteciperà al Napoli Film Festival.

Sì, è un altro riconoscimento meritato per Crespi, regista di un documentario bellissimo che ha il merito di scuotere attorno a certi temi la politica, le istituzioni e l’opinione pubblica.

A suo avviso, quale impatto ha avuto e ha questo documentario sulla società?

Questo film aiuta con rigore e intensità a sostenere ancora di più l’impegno per una riforma della giustizia che sia davvero trasparente, al servizio dei cittadini. Inoltre è utile per mettere fine a forme assolutamente poco civili, come quelle legate a un uso inadeguato della custodia cautelare.

Crede quindi che possa contribuire alla riforma della giustizia?

Il film è assolutamente da stimolo per la politica, per un impegno più forte a non abbassare la guardia, per rendere le nostre carceri più umane, di recupero e non di mortificazione delle persone. Non bisogna dimenticare mai infatti che anche chi sbaglia ha il diritto di essere reinserito in società.

Questo docufilm è stato accolto dalla politica, dalle scuole, dal cinema. Ma, va detto, alcuni gli hanno sbattuto la porta. Crede che la vicenda di Tortora sia ancora scomoda dopo 30 anni?

Dico solo questo, mi auguro che “Enzo Tortora, una ferita italiana” trovi diffusione anche attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo e che quest’ultimo non perda un’occasione di civiltà come invece è capitato al Festival del Cinema di Roma che ne rifiutò la proiezione.

Fonte: Tazebaonews