Quattro elettori su dieci, ed è una cifra record, non sanno cosa votare o se votare. Si tratta di più di 15 punti percentuali in più rispetto allo scorso giugno, in cui il dato degli indecisi era il 25,8%.

Questo ci pare il dato più rilevante emerso dalla rilevazione di questa settimana, ed all’interno di questo contesto fanno segnare ancora una flessione sia il PDL che scende al 28,5%, sia il PD che scende al 24,2%.

Torna a crescere la nascente formazione di Fini al 7,6%, sui suoi valori massimi, ma soprattutto sfonda la Lega Nord che va verso il 15%, attestandosi al 13,5%. Bene La Destra di Storace al 3%, stabili invece l’UDC di Casini al 6% e l’MPA all’1%.

Cresce il Movimento 5Stelle di Beppe Grillo al 3,4% e che ha visto raddoppiati i suoi consensi nell’ultimo mese. Rimane stabile verso l’alto Sinistra Ecologia e Libertà di Vendola al 4%.

Restano ampiamente sotto il 50% la fiducia nel Premier e nel Governo, anche se questa settimana abbiamo registrato due punti di incremento sul dato di fiducia del Premier.

Mentre Berlusconi e il PDL si affannano a contenere Fini, impegnandosi in un corpo a corpo quotidiano, dobbiamo sottolineare il dato della Lega, soprattutto a Nord, grazie ai due pilastri rappresentati dai governatori del Veneto e del Piemonte, gentilmente concessi nell’ultima tornata elettorale. Se pensate che la Lega alle ultime politiche ha fatto l’8,3% ed oggi sfiora il 14,0%, si fa presto a capire che è proprio il partito di Bossi che ha infilato un tubo nel serbatoio elettorale di Berlusconi al Nord, a cui sta attingendo a man basse. Le difficoltà del PDL ci sono anche in alcune regioni del sud, come la Sicilia, dove se si votasse oggi gli elettori sarebbero disorientati dal fatto di trovarsi, probabilmente, di fronte a due liste con marchio PDL. Le cose non vanno bene nemmeno in Sardegna, in Abruzzo, in Puglia, tengono le regioni come Lazio, Campania, e Calabria, dove non a caso alla guida ci sono Presidenti che si riferiscono proprio al PDL. Complessivamente un quadro confuso e non più stabile come qualche tempo fa, infatti l’elettorato è in movimento dai grandi partiti verso quelli minori e non è detto che la campagna elettorale possa ricompattare gli elettori come due anni fa. Nel caso soprattutto del PDL, che ha subito la scissione di FLI e lo smottamento verso la Lega nel nord, gli elementi di preoccupazione possono essere molti e potrebbe non bastare il vantaggio offerto da un PD debole e con profilo incerto.

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