16 giu. di Biagio Marzo – Un sondaggio alla settimana (dall’8 al 15 giugno 2010) toglie ogni dubbio di torno. Non ha dubbi l’intervistato: è italiano senza se e senza ma e, per di più, gli piace ascoltare l’Inno di Mameli e, pertanto, non lo cambierebbe per alcuna ragione al mondo. In effetti, oggi, il 74,9% degli italiani è per tenerlo, mentre un misero 15,2% lo cambierebbero con il Va pensiero di Verdi. Alla faccia della Lega Nord, in particolare del governatore del Veneto, Zaia.


I dubbi, invece, sono sulle intercettazioni, l’italiano non le sente come una priorità. Dal 25 maggio al 13 giugno, l’italiano cambia idea: i s passano dal 30,2% al 25,8%, i no dal 52,4% al 63,8%. Viceversa i dati cambiano sul provvedimento: i favorevoli passano , nel medesimo arco di tempo, dal 30,9% al 41,2%, i contrari dal 59,3% al 52,4%. La musica cambia in toto, quando si tocca il tasto economico – sociale. Le preoccupazioni maggiori, invece, per il campione degli italiani intervistato, sono il lavoro (72,4%), la crisi economia (33,7%), la sanità(24,8%), ambiente (20,1%), scuola (15,6%), immigrazione( 13,4%9), sicurezza (11,2%), politiche sociali e famiglia (8,6%), infrastrutture (3,8%), giustizia (2,2%) e viabilità (1,9%).
La gerarchia dei problemi, così come sono stati rilevati, dimostra quanto siano urgenti, per l’italiano, quelli economico – sociali. Tant’è che la situazione economica è alla cima dei suoi pensieri. Alla domanda quanto sia la sua preoccupazione, ha risposto, il 15 giugno, alla domanda molto il 52,3%, mentre, l’8 giugno, era pari al 51,2%. Alla domanda abbastanza alle stesse date cala dal 30,4% al 29,8%. Senza ombra di dubbio, si sente il clima di stagnazione che comporta costi morali, oltrechè economici, in una società statica, dove non c’è alcuna mobilità. Cosa c’è da aspettarsi dall’Italia, – secondo il Censis -, non è un Paese per vecchi e altrettanto un Paese per giovani? A conti fatti, l’Italia non cresce da 15 anni, causando un rafforzamento della corruzione e della rendita. Due malattie patologiche di un Paese senza competizione economica ed emulazione con le èlite europee.
SA
Dove sta il De Gaulle italiano fondatore della scuola di eccellenza come l’Ena, capace di offrire una classe dirigente? In Italia, le palestre partitiche sono state chiuse e la qualità della classe dirigente è scesa di livello. Macchè classe dirigente, piuttosto un aggregato di uomini e donne che si spaccia classe dirigente. L’analisi complessiva della situazione economica e sociale non cambia il parere politico degli elettori. In particolare, nel giro di una settimana, c’è uno stabile equilibrio tra i partiti di maggioranza e di opposizione e tra le due coalizioni c’è una novità: una crescita del centrodestra e un calo delle opposizioni. Scendendo nelle singole percentuali dei partiti notiamo che il Pdl, in una settimana, non subisce variazioni: è fermo al 34,0%. Altrettanto la Lega Nord: al 14% e La Destra: 1,9%. Cala di un ette, invece, l’Mpa: dall’0,85 all’0,7%. Sul versante dell’opposizioni: il Pd cresce dal 26,2% al 27,0% a scapito dell’Idv che scende dal 7,0% al 6,5%. Pd e Idv funzionano come vasi comunicanti: cresce l’uno e cala l’altro e viceversa. Entrambi non riescono a crescere insieme. Questo è un problema che pesa parecchio nell’ambito della coalizione. Insomma, il Pd per crescere dovrebbe acquistare una propria identità e autonomia e se queste due caratteristiche non riuscisse a conquistarle, dovrebbe sempre fare i conti, nel bene e nel male, con l’Idv. Il medesimo ragionamento vale per il partito di Di Pietro e questo significa che vivono in simbiosi. Quasi chè i due partiti fossero due facce della stessa medaglia: una moderata riformista, l’altra populista e giustizialista. Proprio per il suo alto tasso giustizialismo paga il suo attuale calo: vero o no, alcuni schizzi di fango provenenti dalla Cricca hanno colpito Antonio Di Pietro. Pur restando l’Udc al 7%, Pier Ferdinando Casini sarà soddisfatto per aver superato il muro del suono del 6%. Anche Sel resta al palo del 3,8%. Altrettanto Rifondazione e Comunisti italiani all’1,8% e La lista Pannella Bonino all’1,5%, mentre calano i Verdi: dall’1,0% all’0,9%. Il governo ha un gradimento in crescita: dal 47,0% al 47,8%, +0,8%, l’opposizione, invece, decresce: dal 27,0% al 25,0%, -2%.
La maggioranza di governo potrebbe farne più di Carlo in Francia e aumenta in consensi, invece, l’opposizione che potrebbe sfruttare la situazione a suo vantaggio, perde voti. La vita è bella, quella politica è strana. Non tanto, per. Finchè, l’opposizione, di cui il Pd è la sua massa critica, vive tra uno stato maggiore di origine comunista e un Di Pietro senza cultura politica, non sarà mai una forza alternativa, ma solo e soltanto una minoranza. Come l’anatroccolo brutto e nero del cartoon. Nell’immaginario degli elettori, diciamo cosi, in effetti, in concreto, se i votasse oggi, Berlusconi andrebbe in carrozza a Palazzo Chigi, ossia il centrodestra vincerebbe a mani basse. Malgrado la chiusura di molte aziende,l’aumento della disoccupazione, il bavaglio ai mezzi di informazione, la riforma delle pensioni, con l’innalzamento a 65 anni di età delle dipendenti pubbliche, il caso Pomigliano e la rivolta dei governatori nei confronti del Ministro dell’economia, Giulio Tremonti.
Detto questo, Berlusconi e Bersani sono direttamente proporzionali: in rialzo le azioni del premier: dal 52,5% al 53,2%, + 0,7%, altrettanto quelle del Pd: dal 23,0% al 25,0% +2,0%. Il Cavaliere vola ancora alto, come percentuale, il segretario del Pd prende il volo, ma non c’è paragone. Il che significa che Berlusconi riesce a vendere il paradiso in terra, quando il suo avversario, al contrario, un rispettabile inferno. Lasciando da parte la politica politica, per un momento, tra Berlusconi e Fini chi è più simpatico? Il primo passa dal 47,4% al 47,1%, il secondo dal 38,0% al 37,6%. Chi è più credibile? Il premier dal 45,3% al 46,2%, il Presidente della camera dal 52,1% al 51,8%. Chi è il più innovatore? L’inquilino di Palazzo Chigi dal 61,3% al 60,9%, quello di Montecitorio dal 31,8% al 31,4%. Chi è onesto tra i due? Il Cavaliere dal 27,2% al 27%, l’ex leader di An dal 52,35 al 51,9%. Concreto: Berlusconi dal 61,6% al 61,8%, Fini dal 29,7% al 30,1%. Se Fini decidesse di rompere con il Pdl, per fondare un nuovo partito, la Borsa politica lo quota in rialzo tra il 9,0% e l’11,0%, rispetto la scorsa settimana tra l’8,5% e il 10,5%. In conclusione, come diceva Mao, il potere è nella canna del fucile. In quello di Berlusconi, per intenderci.