Bersani non è riuscito a far passare Boeri alle primarie milanesi, ha vinto Pisapia. I votanti sono stati molto meno di quelli previsti e alla fine più che un vincitore delle primarie si conta appunto uno sconfitto, cioè il segretario Bersani, e più in generale il suo partito.

La domanda è semplice: come può Bersani candidarsi alla guida del Paese se non riesce a vincere neanche le competizioni interne? Certo che l’approccio del Partito Democratico con le primarie è rischioso e ha fatto vittime illustri, pensate a D’Alema in Puglia, ma ha sicuramente un alto contenuto democratico. Allora viene il sospetto che questo sia un ennesimo segnale dell’elettorato contro la classe dirigente del Pd e probabilmente i “rottamatori” di Renzi stanno facendo breccia.

Sull’altro fronte ieri Berlusconi, collegato telefonicamente a una convention del Pdl, ha ufficializzato la ricandidatura di Letizia Moratti, che negli ultimi 4 anni è salita alla ribalta delle cronache dopo il successo della vittoria all?Expo, praticamente dovuta solo alle beghe legate alle poltrone dell’esposizione universale. E visto che non si è occupata di comunicare con i suoi cittadini, restando chiusa a Palazzo Marino, e soprattutto allarmata dai sondaggi che non la vedono favorita dopo il mandato elettorale, s’è resa conto di avere un deficit di simpatia o, meglio ancora, di empatia, cioè di relazione con i cittadini.

E allora, pur di vincere, l’abbiamo vista sghignazzare da Chiambretti con un atteggiamento patetico, e soprattutto l’abbiamo vista ballare con uno stile discutibile insieme a Victoria Cabello. Pur di tentare di vincere e di recuperare il terreno perduto la Moratti pare disposta a tutto.

Se abitassi ancora a Milano sarei preoccupato, anche perché l’idea che la Moratti ha del capoluogo lombardo passa attraverso enormi colate di cemento legate a un?immagine vecchia e antica del modo di far vivere la gente in metropoli come Milano, a cui sempre di più manca un destino, una missione.