Beppe Grillo ha già convocato la rivoluzione generale urlando al golpe. La piazza di Roma si è riempita di rabbia nei giorni in cui è stato eletto Napolitano. Poi Beppe Grillo all’appuntamento con la rivoluzione non si è presentato, perché non l’aveva messo ancora in palinsesto. Ma partendo da quella piazza e dalla rabbia diffusa che misuriamo quotidianamente nei confronti delle istituzioni, nei confronti dei politici, e delle forze dell’ordine (vedi gli incidenti di ieri a Milano), la tensione si percepisce a vista d’occhio, sale giorno per giorno.

Il governo Letta rappresenta un antidoto da un punto di vista delle risposte, deve immediatamente darne sul lavoro, e in parte lo ha fatto, attraverso una rappresentazione di coesione tra le forze politiche deve tracciare un percorso di speranza e mentre gli interventi sul lavoro, sulle tasse, hanno dei costi che determinano lo spostamento di risorse, la ricerca di risorse economiche che ovviamente si fa fatica a trovare, c’è invece un aspetto che genera speranza e fiducia che sono le riforme, quelle riforme che non costano niente, anzi, che migliorano l’efficienza della macchina dello stato riducendone oggettivamente i costi.

Quali?

Il superamento del bicameralismo che rende pletorico il nostro sistema di formazione delle leggi, la riduzione dei parlamentari, il riordino lineare e trasparente del finanziamento dei partiti. E, la legge elettorale, che superi la vergogna di opportunismo che ha determinato il porcellum che dal 2005 rende il nostro paese privo della capacità di scegliere dei propri cittadini riducendo il legame tra politica e cittadini, tra istituzioni e opinione pubblica. Degli oltre 900 parlamentari italiani, quanti di quelli seduti oggi sugli scranni, supererebbero l’esame di un’elezione diretta? Quanti hanno un rapporto quotidiano con i propri elettori ? E veramente si può pensare o immaginare che alla richiesta di partecipazione rabbiosa dei cittadini si possa rispondere con una classe dirigente di nominati impreparati, incapaci di misurarsi con la realtà?

Attenzione: cambiare poco per non cambiare nulla, fare ritocchi e ritocchini come quelli che sono stati ipotizzati nelle ultime ore sulla legge elettorale, è una pura opera di maquillage solo per impedire che si dica la verità: che il Parlamento eletto dal 2005 è un Parlamento privo di legittimità e fuori dal perimetro costituzionale.

Portare lo sbarramento al 40% può apparire, in presupposto di una prossima ventura campagna elettorale – che se condotta con la legge che con questo ritocco emergerebbe – offrirebbe sempre un solo risultato: le nessuno può vincere e l’unico modo per fare il governo sarebbero le larghe intese.

Una legge elettorale che a prescindere dal voto dei propri cittadini ha un risultato scontato non ha niente di democratico e non rispetta le scelte dei cittadini. Le larghe intese sono qualcosa di importante possono essere decisive solo se rimangono un momento straordinario per la vita democratica di un paese.

Occhio a non tirare troppo la corda. Perché se non ve ne siete ancora accorti la corda si è già spezzata, ma se la sono anche fregata.