tessera elettorale

La revisione del Titolo V della Costituzione – che non ha portato le istituzioni più vicine ai cittadini, ma ha semplicemente determinato una spesa fuori controllo, in una dimensione sfociata persino nel cattivo gusto; il superamento del bicameralismo – elemento centrale per ridare incisività alle nostre istituzioni; l’abolizione del finanziamento dei partiti: solo con questi elementi potremmo già di per sé parlare di Terza Repubblica, senza che la seconda si sia mai veramente realizzata.

Mi permetto sommessamente di ricordare, però, che non solo sul finanziamento dei partiti, ma anche sulle preferenze, gli italiani si erano già espressi in un referendum. Quindi, sul piano teorico, nel rispetto della volontà dei cittadini, queste due ipotesi dovrebbero essere già scartate nel momento in cui ci si pone l’obiettivo di rifondare le regole del nostro paese.

La questione centrale rimane però la rappresentanza, cioè la capacità di strutturare un’offerta all’interno della legge elettorale, che avvicini i cittadini alle scelte della politica e carichi di responsabilità l’opinione pubblica nella scelta della classe dirigente del nostro paese. Di questo si è parlato per anni e questo era il vulnus per il quale si è ritenuto il “porcellum” non potabile in un sistema democratico, civile, moderno ed evoluto.

La questione dei collegi plurinominali di per sé è una scelta plausibile che può andare in questa direzione. A patto che vi siano due circostanze precise.

Primo: che i collegi non abbiano una ripartizione nazionale e che, quindi, la scelta di chi va in Parlamento (uno, due o tre per collegio) sia nelle mani di chi vota in quel collegio; per questo è fondamentale che i collegi abbiano una dimensione sub-provinciale. Ad Aosta o a Isernia, la dimensione provinciale è più che sufficiente, ma immaginate cosa succederebbe in una dimensione simile a Milano o a Roma. Non è possibile che a Roma o Milano ci siano due soli collegi, uno per la città e uno per la Provincia, quando solo nella Capitale, ad esempio, tra Roma Nord e Roma Sud cambia persino il clima… Quindi la dimensione dei collegi è un elemento fondamentale e di certo non possono essere quasi cento…

Matteo renzi e Silvio BerlusconiSe questa via maestra non potesse essere seguita, evidentemente, il dubbio che i due principali partiti (Forza Italia e Partito Democratico) abbiano costruito una forma per inchiodare il terzo grande partito a oggi (quello di Beppe Grillo) sarebbe un elemento di disonore per il quale la Terza Repubblica nascerebbe sotto un auspicio non certamente positivo. Un’operazione di questo tipo non significherebbe ridurre il potere di ricatto insopportabile che spesso – non sempre e non con tutti – i piccoli partiti hanno avuto nella storia dei governi del nostro paese, ma creare regole che convengono solo a qualcuno.

L’altro elemento centrale è il premio di maggioranza. Dobbiamo decidere se il giorno dopo le elezioni vogliamo sapere se viene chiamato a governare chi prende più voti oppure chi ha la maggioranza dei voti; visto che sappiamo benissimo che nel nostro paese la maggioranza de voti la si può avere solo mettendo assieme coalizioni spesso credibili solo in campagna elettorale, il premio diventa strumento di libertà solo se strutturato nel modo più idoneo possibile. Immaginate che un partito, secondo la proposta fatta da Renzi, prenda il 3,5% e consenta alla sua coalizione di raggiungere il 33% che le permetta di ottenere il premio di maggioranza. Bene, il paradosso vorrebbe che quel partito non abbia neanche un rappresentante in Parlamento, nonostante la coalizione di maggioranza sia riuscita ad ottenere – proprio grazie a quell’apporto – la soglia utile a ottenere maggioranza dei seggi in Parlamento.

Sono tante le cose da aggiustare, da mettere bene a fuoco, ed è importante che le parti in causa siano motivate da un interesse generale e non particolare. Credo che questa sia una occasione unica e irripetibile, forse l’ultima. Gli atteggiamenti critici devono comunque andare nella direzione di una volontà di costruire e in questo senso a Matteo Renzi va riconosciuta una forza, una capacità di mettere in moto le cose e di andare a una velocità differente. È talmente veloce che gli altri stentano a vederlo. Costruisce una naturale relazione con buona parte dell’opinione pubblica che spera in lui, anche se diffida.

Se questa operazione riuscisse, sarebbe una operazione anticiclica: il primo atto di fiducia in un classe dirigente e politica che non ha dato motivo in questi anni di affidabilità. In questo senso, l’asse portante, la leva che rende credibile l’azione di Renzi è proprio Silvio Berlusconi. Che nella relazione con Renzi, se riesce, avrà dimostrato che non è stato lui a non voler fare le riforme, ma in realtà, erano i suoi interlocutori che impedivano di farle.

Insomma, perché non tifare per la riuscita di una buona legge elettorale, la migliore possibile? Io lo faccio di sicuro tenendo presente che la mia pietra angolare è la rappresentanza politica dei cittadini e la possibilità di scegliere responsabilmente la classe politica che ci rappresenterà nelle istituzioni, nel parlamento, nel governo, in Europa e nel mondo.