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Questo weekend si è svolta l’ultima tappa per arrivare alla nascita del Popolo della Libertà che si è chiusa con il discorso di Gianfranco Fini, che ha saputo mettere paletti molto precisi a questa nuova creatura dandogli un profilo sia storico che proiettato nel futuro.

Ora a pochi giorni dall’atto fondativo del PDL vediamo di sviluppare un’analisi per rispondere a tre domande di fondo.

Qual è il peso di Alleanza Nazionale? – Il PDL potrà raggiungere il 50+1%? – Chi sono gli avversari del nascente partito?

Il primo è un dato ormai difficile da ottenere perché la fusione tra le due organizzazioni è di quelle composite e non riguarda solo AN e Forza Italia, ma seppur marginalmente coinvolge altre forze politiche come quelle rappresentate da Rotondi, dalla Mussolini , da Benedetto Della Vedova, ecc..

La fusione è già avvenuta nelle urne ed è già metabolizzata dal corpo elettorale, non solo nelle ultime elezioni politiche, ma anche nelle recenti amministrative, quindi semmai si registra un ritardo degli apparati che stanno solo ora formalizzando l’idea del partito unico.

Torniamo alla domanda: qual è l’apporto di AN? In questo momento possiamo stimarlo prendendo in considerazione i dati sulla polarizzazione dei leader, dove la scorsa settimana un mio sondaggio attribuiva l’86,3% di gradimento da parte degli elettori del PDL, a Berlusconi e l’11,3% a Fini, e il 23,9% ha dichiarato di riconoscersi espressamente nella componente di AN.

Questi dati vanno letti per difetto, infatti se ci fossero delle primarie all’americana e se il confronto tra Fini e Berlusconi fosse come quello che c’è stato tra Obama e la Clinton, aspro e duro nei contenunti, Fini con il suo profilo, esplicitando una candidatura alternativa a Berlusconi, potrebbe raggiungere quota 30% perchè sia il 24% che si riconosce in AN, sia l’11% che lo preferisce, si esprime in un contesto politico nel quale nessuno insidia o si propone come alternativa a Berlusconi e quindi il dato non offre il potenziale massimo, semmai il minimo.

Quindi possiamo dire che la divisione su cui si è accapigliata da sempre la Casa della Libertà 70 a 30 è quanto di più attinente possibile al potenziale delle due organizzazioni politiche.

La seconda domanda è: il PDL potrà raggiungere il 50+1%? Quando si parla di previsioni e si ha a che fare con Berlusconi la prudenza è d’obbligo, ci ha abituati a rimonte impossibili e a risultati rocamboleschi.

La statistica ha però una regola ferrea: il totale deve fare 100 ed io credo che questo partito come obiettivo reale per le prossime europee possa avere quello di stare sopra il 40% e non sopra il 50% e vado a spiegare perché.

Il centrodestra in questo momento nel Paese è ben oltre il 60% considerando il PDL, la Lega, l’UDC, La Destra e l’MPA e quindi la competizioni è tutta al suo interno in quanto la sinistra e il centrosinistra appaiono fuori da ogni reale partita e incapaci di competere. Anche se con dinamiche differenti, chi è in grado di sottrarre voti a Berlusconi sono quindi Casini, Bossi e Storace.

La Lega per le Europee è accreditata sopra il 10% e all’indomani della fusione degli apparati nazionali, il PDL dovrà fare i conti con il territorio dove la competizione tra le componenti della PDL è più forte del desiderio di unità, non a caso AN e Forza Italia spesso a livello comunale e provinciale si ri-materializzano in liste civiche, cioè quello che esce dalla porta rientra dalla finestra. In questo la Lega ha un vantaggio enorme, la sua organizzazione sul territorio, le sue parole d’ordine rischiano di fare il pieno al Nord e di cominciare a mettere dei puntelli anche nel Centro-Sud. In Veneto assisteremo al distacco netto della Lega sul PDL, sorpasso che appare più difficile nelle altre regioni ma che sarà sicuramente strumentale per le regionali dell’anno prossimo, vero obiettivo politico della Lega, che punta ad una piena rappresentanza del Nord piazzando suoi presidenti di regione. Ci troveremo di fronte ad una secessione politica anche se non istituzionale? L’unica reale contromossa del PDL è la quantità di riforme, la loro qualità e la rapidità con la quale riuscirà a soddisfare la domanda di cambiamento che c’è nel Paese.

L’UDC è accreditata tra il 5% e l’8% e rischia di determinare la differenza tra lo stare sopra o sotto il 40% perché è chiaro che se la Lega va sopra il 10% e l’UDC si attesta intorno all’8%, il PDL farà fatica a stare sopra il 40% e sicuramente lontano dall’obiettivo del 50+1. Casini e i suoi soci hanno un posizionamento nazionale per differenza, cioè l’UDC pare d’accordo su tutto quello che fa la PDL al governo, al netto di qualche piccola differenza, e allo stesso modo esprime distanza dal suo leader, Silvio Berlusconi. Se questa differenza sarà comunque rappresentata all’interno del PDL come ad esempio ha fatto Fini nel discorso di domenica, verranno tolti molti argomenti all’UDC di Casini.

Infine La Destra di Storace, accreditata intorno al 2%, può rosicchiare voti a chi non accetta lo spegnimento della fiamma e a chi rivendica fortemente un’identità di destra, aggredendo quella parte di elettori di AN insoddisfatti del profilo che Fini a dato a quella che era AN.

Il PDL se si confermerà un contry-party e riuscirà a contenere in sè le dinamiche che furono proprie della Democrazia Cristiana contenendo e saturando al suo interno il dibattito politico tra opposizione e maggioranza, tra favorevoli e contrari, potrà allora progressivamente puntare a quel 50+1 anche se il processo ha validi avversari interni ed esterni alla coalizione e non potrà compiersi entro le prossime europee.