Diciamo che inizio il post di oggi con un titolo duro contro Renzi, a favore dell’indicizzazione Google. Anche perché, se quello che la stampa definisce ossessivamente “ex sondaggista di Berlusconi e inventore del contratto…” si spertica troppo in complimenti, come ho fatto in altre occasioni in netta contrapposizione con la maggioranza di quello che mi sta attorno guidata faziosamente da mio fratello Ambrogio Crespi, rischio di avvalorare l’infame tesi di “Renzi candidato di destra” che di sicuro non lo aiuta.

Certo, lo sventolare dei cartellini da convention americana ricordava più Veltroni che non Obama: palco, luci, manifesti, script e payoff potevano essere fatti meglio, nella ricerca di uno stile che non apparisse troppo una copia casareccia delle convention all’americana che abbiamo ancora negli occhi.

Se guardo il palco e sento Renzi (che finalmente ha ridotto al minimo le battutine alla Berlusconi), trovo tante cose da migliorare e da rendere più credibili; ma se gli occhi li lascio nella platea, ecco che mi accorgo di una novità assoluta: dove sono gli apparati, le nomenclature i posti riservati? Dov’è la noia da comizio, il grigiore delle truppe cammellate?

Ho visto gente che ci credeva che aveva entusiasmo che ascoltava e viveva la politica come una terra da conquistare, ma che senti già tua. Questa roba in giro non si trova: l’alchimia di un leader capace di trasmetterete fiducia e speranza.

Ieri ho visto un Renzi più maturo, meno “gigione” più a fuoco: “Noi siamo quelli che hanno l’ambizione di governare l’Italia per i prossimi venticinque anni”. Ascoltandolo ti rendi conto che non ti respinge, non ti irrita come capita ultimamente a molti politici.

Pedagogicamente ha fissato i temi, li ha messi in ordine e ha dato le gerarchie, un discorso politico e una piattaforma programmatica.

Adesso! La battaglia di Renzi non è per i renziani né per il democratici in salsa fiorentina; la battaglia di Renzi è per tutta la politica italiana per tutto il paese. Se Renzi vince, perde il nichilismo annichilito di Grillo, perde l’antipolitica e alla politica si restituisce la forza della sua credibilità, quella degli uomini di coraggio che fanno la storia.

Se vince Renzi, perdono le nomenclature di chi vive la politica come un privilegio acquisito dalla militanza e dall’appartenenza; cadono gli steccati ideologici; se vince Renzi, in Italia cambia il modo di fare politica e dopo di lui arriveranno altri Renzi, altri giovani che, armati di forza e idee, vanno a prendersi la vita e lo fanno senza chiedere permesso e raccomandazioni.

Dopo Renzi, nulla sarà uguale. Perché se perde, si metterà al fianco di Bersani come un avvoltoio in attesa dalla prossima occasione; ma se vince, Bersani non accetterà di stargli al fianco, con le immaginabili conseguenze.

Poi la chiamata oltre gli steccati: chiama la gente, dice a quelli del Pdl “venite voi, siete ben accetti”. Molto diverso da chi considera criminale avere dato l’Italia in mano a Berlusconi che di suo definiva coglioni quelli che votavano a sinistra.

La trama è diversa e nuova: cambia le regole di ingaggio e a Renzi ora non è indispensabile vincere, ma acquisire credibilità spessore che solo una lotta epica può dargli; deve maturare, esporre le ferite e ha tempo, tanto tempo.

E veramente non capisco come Ambrogio Crespi, che è il più Moderno del “Clan”, non veda che Renzi è il pioniere di una nuova era e come tutti pionieri può rischiare di non raccogliere i frutti della nuova frontiera, anche se il sentiero è tracciato. Adesso! Difficile tornare indietro.