La storia dei movimenti, soprattutto di quelli giovanili è densa di finali tristi, manipolazioni e strumentalizzazioni. Ma quello a cui stiamo assistendo in queste ore, come spesso capita nell’epoca in cui viviamo, è un eccesso di tutto,  e non sappiamo ancora quale dei fattori che coesistono in questo fenomeno prevarrà.

Partiamo da un dato essenziale: nel nostro Paese è dal 1977, cioè trent’anni che non esiste un conflitto generazionale, c’è stato qualcosa nell’84 e movimenti studenteschi ciclici come la Pantera, oggettivamente di scarsa rilevanza, questo perché non c’era nulla contro cui ribellarsi.

Eravamo tutti ricchi e felici e la libertà anche per i giovani era rappresentata dalla possibilità di entrare in un negozio ed acquistare tutto ciò che si desiderava, vacanze, telefonino, computer,ecc. La dimensione del consumo selettivo e sociale, la carriera, i rapporti, le amicizie, le raccomandazioni hanno rappresentato un’attrattiva più concreta della naturale voglia di ribellarsi, inoltre le generazioni più vecchie non erano così conflittuali, un lavoro te lo davano ed i modelli erano semplificati: è più facile seguire la carriera di una Velina piuttosto che quella di una Rosa Luxemburg.

Le aree di disagio non sono mai mancate ma erano fuori moda, anti-estetiche ed anche chi viveva nel disagio si sentiva in colpa per non poter condividere la felicità che tutti manifestavano nei centri commerciali ed i pochi diseredati, poveri e disperati non hanno certamente pensato di mettersi al centro di una rivolta, tanto più di una protesta generazionale, perché l’aspirazione era quella di partecipare al “gran ballo delle celebrità” non certamente quella di dargli fuoco.

Ma qualcosa in questi ultimi mesi è accaduto e lo dice Tremonti, si è rotta la linea dello sviluppo e della crescita, la finanza va in malora e l’economia la segue, ed ecco che i ragazzi di oggi, per la prima volta, hanno un’aspettativa di futuro oscura e tetra e non più positiva come quella dei loro padri o dei fratelli maggiori. Ed allora ecco che in modo naturale, inevitabile scoppia il conflitto generazionale proprio sulle ipoteche che in questi decenni sono state messe sul futuro dei nostri giovani  e non per la legge 133 o per il grembiule che sono pretesti, scoppia nell’università, il luogo deputato per la formazione dei cittadini futuri che non solo non garantisce la possibilità di essere competitivi, ma rappresenta tutti i clientelismi, nepotismi, inefficienze e sprechi che oggi diventano insopportabili tanto più perché in esse il Paese si specchia e si riconosce.

Scoppia in questa generazione ossessionata dal precariato, dalla flessibilità che ha dimezzato negli ultimi 15 anni la disoccupazione senza incrementare la ricchezza del Paese, dove i percorsi di vita di questi giovani sono compromessi dai privilegi di chi li ha preceduti, il talento ed il sacrificio mortificati dal clientelismo e nepotismo che si erige come grande ingiustizia sociale del nostro tempo. E’ così che l’onda diventerà uno tsunami ed il conflitto si accentuerà sempre di più fino alle estreme conseguenze grazie alla complicità dei partiti, delle organizzazioni sindacali e di una classe dirigente tra le più ottuse e meno preparate degli ultimi decenni nel nostro Paese.

Il Governo ha cercato di nascondere una politica di tagli indiscriminati e non selettivi come avrebbe dovuto fare, con operazioni estetiche e demagogiche come il voto in condotta ed il grembiule, ma questi giovani non sentono il mito berlusconiano, il paradigma della promessa del benessere come sedativo sociale, perché quando Berlusconi nel 94 scese in campo determinando una selezione sociale e politica che ha portato metà del Paese a condividere la corsa del “condottiero della ricchezza”, questi ragazzi avevano poco più di 8-10 anni, quindi estranei a quel patto di sangue e liberi e svincolati da logiche di contrapposizione, senza un passato da difendere e tradizioni da perpetuare, ed immuni dai processi di aggregazione sociale e politica tipici degli anni 70 e 80, non credono nella televisione, non leggono i giornali, ed i codici di comportamento e le meccaniche relazionali non solo sono estranee ma anche sconosciuti alle generazioni precedenti.

L’opposizione, il PD ha cercato pateticamente di mettere il cappello su questa rivolta, ma così come non è riuscito a guidarla e a condividerla nel 68 e nel 77, finite le battute come quella del referendum, non ci riuscirà nemmeno ora, perchè i giovani riconosceranno all’opposizione le stesse responsabilità del governo e la “pappagorgia” di Veltroni non potrà essere il punto di riferimento per i giovani, come d’altronde non potrà esserlo Massimo D’Alema che sempre di più assomiglia ad un maresciallo della Guardia di Finanza. Emerge nell’opposizione un cinismo, a tratti baro, una sudditanza al linguaggio ed ai metodi berlusconiani ed un insopportabile tentativo di appropriarsi di ciò che non gli appartiene.

Se da una parte il Governo sembra guidato da un interesse, non chiaro ai giovani, dall’altra per l’opposizione, l’assenza di un leader e l’evidenza di interessi e di commistioni li rende incoerenti, cinici e tutori dello status quo, incapaci di proporre un’idea di società diversa, migliore e condivisa.

I sindacati non esistono per i giovani perché tutelano chi un posto di lavoro ce l’ha già o i pensionati e sono il nemico di classe, l’antagonista naturale, ancor più del governo.

I professori mantengono tutti i presupposti di una casta senza però averne diffusamente condiviso i privilegi, voglio dire che politici, magistrati, giornalisti, ecc, rappresentano tipologie di casta che ha saputo dividere bene la torta, gli insegnanti no. Il maestro elementare di Scampia non può essere certamente paragonato ad un professore di qualsiasi università, né per stipendio, né per capacità di gestire potere e privilegi, quindi vedere i professori che invitano i giovani a non fare lezione, a scendere in piazza è quanto di più vile si possa fare perché significa manipolare dei giovani per mantenere i propri privilegi.

La fiamma della rivolta l’hanno accesa proprio loro e sappiano che saranno i primi ad esserne toccati, quando si accende un incendio è da stupidi pensare di poterlo controllare. Infatti prossimamente vedremo i maestri di Scampia, dello Zen scaraventarsi contro i baroni universitari, gli studenti ribaltare le cattedre degli arroganti rettori ed in mezzo a tutto questo ci saranno le madri si domanderanno quale futuro potranno avere i propri figli o dove portare i loro bambini il pomeriggio per poter continuare a lavorare.

L’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha detto che dobbiamo prendere coscienza di essere una piccola potenza economica, politica e militare e che siamo poveri e che per trent’anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, Tremonti annuncia l’apocalisse, Berlusconi denuncia la Rai perché diffonde pessimismo e noi abbiamo sognato l’Isola di Wight ed invece ci ritroviamo con l’Isola dei Famosi, e ancora adesso cerchiamo la talpa, quell’infame che è scappato con la cassa piena di sogni e speranze che oggi lasciano un buco enorme nell’anima di giovani che hanno paura del futuro e non hanno strumenti per elaborarne un altro.

Ecco perché uno tsunami pieno di rabbia e rancore, uno scontro generazionale è inevitabile ed anche se il Governo manderà la polizia o se l’opposizione cercherà di imbrigliarla, quello che potrà accadere è per noi inimmaginabile, qualcuno poteva prevedere non più tardi di 6 mesi fa che il mitico Beppe Grillo, il re dell’anti-politica, il giustiziere della notte potesse essere preso a calci e sputi ed essere cacciato da un corteo nella civilissima Bologna?

Allora cari amici, la ricchezza e la fama di questi tempi è materia molto flebile, così come lo sono per natura i sondaggi.

… E se vi siete detti non sta succedendo niente, le scuole riapriranno, arresteranno qualche studente convinti che fosse un gioco a cui avremmo giocato poco, provate pure a credervi assolti siete lo stesso coinvolti…