lespresso

Egregio direttore 

Leggo con stupore e rammarico il breve articolo pubblicato a pagina 16 dell’ultimo numero de L’Espresso dal titolo “Sondaggio per un amico”, articolo che tra l’altro è stato anche ripreso da altre testate.

Vedo, nel suddetto articolo, che con molta perizia l’autore, A. Ge., nel parlare di me puntualizza che esiste un procedimento per bancarotta, a tal proposito mi auguro che per par condicio, dalla prossima volta, lo stesso trattamento venga riservato al vostro editore De Benedetti, che ha la mia stessa situazione giudiziaria. A tal proposito sarebbe corretto leggere del sondaggista “bancarottiere” così come dell’editore “bancarottiere”. Tutto questo per fare una semplice precisazione di stile, peculiarità che non è mai mancata al suo giornale.

Mi permetto in ogni caso di precisare alcuni aspetti, destituiti di fondamento, che sono riportati nell’articolo sopracitato.

Non faccio parte dell’istituto di ricerca Datamedia Ricerche e come noto ho smesso di fare il sondaggista tre anni fa.

E’ conosciuto a tutti che il mio lavoro al momento sia un altro, mi occupo infatti di comunicazione, come consulente, per l’azienda Spin Web S.r.l. – GruppoDatamedia.

Non sono il “consigliere” per la comunicazione di Stefano Caldoro, non ho contratti in essere con lui, anche se ho seguito nel 2010 la sua campagna elettorale, con un emolumento che è stato pagato dal suo partito e mi auguro di poterne seguire la prossima.

Risulta dunque essere incredibile come in sole 10 righe siano presenti così tante cattiverie e falsità.

Ma vorrei fare una domanda a lei, giornalista serio, stimato e che leggo sempre con enorme piacere. A suo parere, queste chiacchiere e menzogne, da chi e perché vengono fatte circolare?

Resto a sua completa disposizione e sono certo che troverà il modo per rimediare ad un errore tanto clamoroso quanto grossolano.