Vedere più di duemila persone ascoltare Gianfranco Miccichè alla fine di luglio, a 40 gradi, nella città di Lombardo, nell’era dell’antipolitica deve lasciare stupefatti.

Venerdì a Catania abbiamo assistito alla rinascita del leader siciliano più importante degli ultimi vent’anni

Miccichè si rende conto che ora la sua sfida è con la storia e che ora la Sicilia deve cambiare e deve farlo senza indugi: questo è un processo indispensabile per la sopravvivenza di un’intera comunità e non può essere delegato ad altri o mortificato da giochetti politici.

È per questo che le sue parole di venerdì mi hanno lasciato a bocca aperta: per l’onestà politica con cui le ha sapute esprimere. Non si è chiamato fuori, non si è sottratto dalle responsabilità delle condizioni in cui si trova la Sicilia: le ha assunte in prima persona ha detto “tutti siamo responsabili”.

Ora, la Sicilia dovrà scegliere il comandante in capo che la guiderà fuori dalla più grande crisi della sua storia, generata da fattori esterni e accentuata colpevolmente da una classe politica tra le peggiori della storia.

Micciché in questo contesto è sempre stato uno fuori dagli schemi, ma non è mai riuscito a giocare la partita in prima persona un po’ per sua responsabilità e molto per responsabilità di chi ha fatto di tutto per frenarlo e imbrigliarlo. Il risultato di questa lotta a Miccichè quello che è sotto gli occhi di tutti dal 61 a 0 al ritorno di Orlando.

Bene, Miccichè oggi ha fondato un partito, venerdì, senza se e senza ma, ha posto come un macigno la sua candidatura: un atto rivoluzionario contro la prassi e le solite “ammoine” dei partiti. Da novembre la Sicilia avrà un nuovo presidente, se sarà Gianfranco Miccichè la Sicilia avrà una speranza in più, perché oggi occorre verità verso il passato e coraggio verso il futuro: due elementi che venerdì lui ha dimostrato di avere, ma occorre anche competenza e la forza di realizzare le cose con la serietà di chi le cose le conosce.