obama e renzi

Ce ne eravamo accorti tutti, ma ora lo ha confermato anche Barack Obama: Matteo Renzi sprizza energia e positività da tutti i pori. Il suo è un ottimismo del fare, che si incarna nell’immagine del giovane che vuol cambiare tutto e che è pronto a vincere ogni sfida che gli si para davanti. Fin qui tutto ok.

Abbiamo invece qualche dubbio sulla sintonia che il popolo ha con questo suo leader. Per Renzi si tratta di un aspetto fondamentale: in mancanza di un’investitura popolare, la fiducia dei cittadini nei suoi confronti diventa l’unica fonte di legittimità.

Ma questa sintonia che il premier è riuscito a generare si fonda su una prospettiva di cambiamento radicale, oltre che sulla promessa di restituire al nostro paese la possibilità di una ripresa sul versante del lavoro e dell’economia. Su questo secondo punto qualcuno ha dei dubbi sul fatto che Renzi (come chi lo ha preceduto) abbia realmente gli strumenti per incidere. Ma sulle riforme non ha scuse. Nessuno potrebbe perdonargli un fallimento.

Ieri Renzi, di fianco a Obama, era raggiante. Tanto da far sembrare il presidente degli Stati Uniti terribilmente invecchiato; la sua espressione era contenta, compiaciuta, soddisfatta. Mi ha ricordato un po’ il giorno in cui io ho incontrato Francesco Guccini… Poco ci mancava che chiedesse al leader Usa un autografo (e non è escluso che lo abbia fatto in privato).

Questo entusiasmo e questa euforia, però, sono soltanto suoi! Va bene l’ottimismo, la positività, il piacere di partecipare ad incontri con i maggiori leader mondiali… ma in questo momento sta godendo solo lui. Il resto del paese, invece, non gongola ma continua ad aspettare.

Il problema che si trova a fronteggiare il nostro premier è, sostanzialmente, uno solo: l’accelerazione che ha impresso alle proprie azioni, al modo con cui condivide i propri pensieri e i proprio traguardi sui social network, deve trovare un corrispettivo anche nel modo con cui vengono fatte le riforme (che al momento sono solo mezze riforme, anzi, riformette).

Renzi in EuropaLa rapidità del suo successo e il manifestarsi del suo piacere non corrispondono, insomma, alla realtà sperimentata ogni giorno dai cittadini sulla propria pelle. Al suo arrivo, l’aspettativa che Renzi ha generato è stata quella di un cambio velocissimo. E adesso la gente si aspetta qualcosa, anche di simbolico, ma in fretta. Invece, per ora, tutto rimane al livello di promessa. Ma per quanto reggerà ancora? Gli 80 euro che ha sventolato davanti ai nostri nasi e che ci ha annunciato in busta paga, gli italiani pensano di averli già ricevuti. Probabilmente li hanno anche già spesi. È così che corre il mercato, guardando avanti e sviluppandosi sulle promesse e sulle aspettative. Che però, a un certo punto, devono essere mantenute.

La credibilità del premier si gioca sulla capacità che avranno le riforme e la sua azione politica di incidere direttamente sulla vita dei cittadini. Ma anche sui tempi in cui questo nodo si scioglierà.

Renzi avrà il potere di incidere? Sulla legge elettorale, ad esempio, riuscirà ad alzarsi in piedi e dire: “sono riuscito a cambiarla”? Questa è una tematica dal potente valore simbolico: se riuscirà a cambiarla si legittimerà come colui che è in grado di cambiare le cose, di correggere ciò che di sbagliato hanno fatto gli altri.

Altra tematica decisiva: l’abolizione delle province. Si tratta di una idea che ha grande suggestione, è un simbolo, ma il passaggio successivo qual è? Se non riuscirà a significare un vantaggio diretto e tangibile per i cittadini, una reale semplificazione a livello burocratico, anche questa riformetta non sortirà l’effetto sperato nell’opinione pubblica.

La sfida di Renzi, che deriva però dall’aspettativa che lui stesso ha generato, è quella di incidere sulla quotidianità delle persone. Di fronte a questi punti, la domanda reale da porsi è la seguente: quanto tempo gli sarà concesso? Questa tecnica di comunicazione suicida basata sull’accelerazione, a quali ritmi lo costringe? La sua è una tattica rischiosissima, perché se gli ha permesso di ottenere immediatamente un risultato clamoroso, è anche capace di tagliargli il fiato sul lungo percorso. Il tempo dell’attesa e della speranza che gli è concesso è breve, ma è proprio lui che si è infilato in questa situazione. E questo è un grande difetto di comunicazione. È la ricerca ad ogni costo dell’estetica della comunicazione, ed è anche il difetto di Obama che di questo è un emblema: un signore che viene eletto presidente degli Stati Uniti e “sulla fiducia”, senza che ancora abbia fatto niente, solo sull’aspettativa di pace, vince il premio Nobel. E che oggi, giusto per la cronaca, ha più consensi in Italia che in America.

Renzi ha ricevuto la stessa investitura. Non ha salvato il paese e non sappiamo se lo salverà. Ma l’effetto rebound rischia di essere implacabile.

In conclusione, un piano di comunicazione si gioca sulla strategia, mentre quello di Renzi sembra tutto giocato sulla tattica estemporanea. La sua è una comunicazione dell’era-Twitter, da 140 caratteri, non ha profondità, non ha strategia, non ha visione di medio e lungo termine. Per ora stanno tutti lì ad applaudire, con la stampa in prima fila. Occhio, però: sono gli stessi che applaudivano Monti. La misura del successo di Renzi non saranno le ovazioni della stampa, ma il giudizio della gente. E il giudizio della gente potrebbe essere impietoso.