Di Nicola Chiappinelli – Tra le piaghe di un’inchiesta seria sul voto di scambio, potrebbe nascondersi un nuovo caso Tortora. Ovvero l’accanimento giudiziario contro un pover’uomo colpevole solo di essere stato tirato in ballo dalla persona sbagliata nel momento sbagliato. Parliamo di Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista Luigi, arrestato nell’ottobre scorso nell’ambito delle indagini su Domenico Zambetti, l’ex assessore lombardo accusato di aver comprato voti dalla ‘ndrangheta.

Nell’operazione, coordinata dal pm di Milano Giuseppe D’Amico, a Crespi viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa: gli esponenti delle criminalità organizzata si sarebbero infatti rivolti a lui per sostenere la candidatura del politico Udc.

Ma chi è Ambrogio Crespi? Milanese, 43 anni, insieme al fratello lavora da anni nel mondo della comunicazione. I due curano insieme diverse campagne elettorali, la più importante delle quali resta quella per l’elezione di Silvio Berlusconi nel 2001.

Dal luglio 2006 dirige Clandestinoweb, testata on-line che si occupa di sondaggi d’opinione, politica e spettacolo.

Tutto questo, e altro, fino a quella triste data di ottobre in cui viene prelevato dalla polizia per le accuse di cui sopra nel caso Zambetti.

Ma, dopo 178 giorni di prigionia e indagini ad uno stato sempre più avanzato, l’unica cosa certa è che non esiste prova delle contestazioni fatte a Crespi. Anzi, se possibile paiono accumularsi soprattutto testimonianze che ne rivelano l’estraneità ai fatti.

Innanzitutto perché è egli stesso a poter confermare, attraverso l’analisi dei flussi elettorali, di non aver portato un solo voto all’assessore. Dal suo quartiere natio, quello in cui si sarebbe interessato di collaborare, i voti per Zambetti sono infatti risultati solo 9 in più del 2005.

E se si considera anche tutta la zona 7 di Milano, i voti aumentano solo a 165.

Sembra strano insomma che qualcuno scenda a patti con la mafia per qualche decina di voti, oltretutto senza versare un euro, come dice in questo caso la stessa accusa.

L’accusa di coercizione elettorale non rientra infatti neanche più tra i capi d’accusa, eppure nei giorni scorsi la Procura ha chiesto il giudizio immediato per concorso esterno e voto di scambio.

Il che, se comprensibile per Zambetti che ha ammesso di aver trattato con gente dei clan, dicendo però d’aver subito un’estorsione, è inveceassolutamente incomprensibile per Crespi, che neanche l’ha mai conosciuto l’assessore.

“Ma quello non ha dato neanche un voto, ma stai scherzando!”: a dirlo è proprio Zambetti, intercettato in un colloquio in carcere con la moglie. Mentre il presunto boss Eugenio Costantino ammette candidamente di aver inventato il nome di Crespi per ottenere vantaggi economici.

Intanto l’imputato, fino al processo, deve restare però in carcere. Dopo l’istanza di scarcerazione rigettata dalla Cassazione, nonostante non vi siano pericoli di inquinamento prove, il Tribunale del riesame ha infatti optato per il “giudicato cautelare”, uno strumento burocratico che stabilisce la custodia cautelare in carcere per l’imputato almeno fino alla scadenza dei termini previsti per legge.

Così un incensurato sconta una pena detentiva a priori, nell’attesa che l’accusa si prepari a dimostrarne la colpevolezza, anche se poi questa viene a cadere.

Ecco perché Ambrogio Crespi è in carcere da 178 giorni, non avendo voluto barattare una libertà di facciata con riti abbreviati o patteggiamenti che ne avrebbero offuscato orgoglio e dignità.

Ed ecco perché, chi vuole, può firmare qui una petizione per chiedere che un innocente torni in libertà, in attesa di un giusto e pulito processo.

FIRMA LA PETIZIONE PER AMBROGIO CRESPI LIBERO