Se devo schierarmi con chi sta con Twitter o con chi sta contro, non ho dubbi nel dire che io sto con Twitter, sebbene la mia cultura di base non sia digitale ma sia costruita sull’analogico.

Essendo io un socializzato negli anni ’70, sono abituato a vedere cambiare il mondo e i cambiamenti non mi fanno paura. Sono venuto sù con i telefoni attaccati ai muri ma oggi corro sulla fibra ottica, senza ansia, perché il mio approccio verso il digitale è lo stesso che uso verso l’analogico e l’ho costruito nell’unico modo che conosco ovvero studiando, leggendo, approfondendo, parlando con chi ne sa di più.

Ci sono due modi per affrontare la realtà: apparire come intellettuali, distaccati, agée, snob, leggere un libro solo se si sente l’odore della carta, guardare un film solo in quattro terzi.

Io invece i libri li sfoglio sull’iPad, li ascolto, anche perché con l’età la vista è calata. I film li compro regolarmente, e non scaricandoli illegalmente, e me li guardo sul divano con l’iPad sulla pancia. E questo non vuol dire che non vado al cinema!

La tecnologia è relazione, è comunicazione. Ma gli strumenti vanno compresi: Facebook, Twitter, Linkelin, tutti rispondono a domande ben precise. Se voglio, ad esempio, un taglio professionale, allora uso Linkelin. Se voglio uno scambio interpersonale, allora vado su Facebook. Se voglio, invece, discutere, litigare, azzuffarmi, entro su Twitter.

Non ha senso offendersi se ti danno del cornuto, del nano o del frocio. Chi lo fa non ti conosce, è un nome senza un volto, e non necessariamente ce l’ha con te. Chi lo fa è arrabbiato magari, ma la rabbia è un sentimento comune. Che ce ne facciamo dunque di giudizi lapidari da chi non conosce i social network? Che differenza c’è fra Twitter e il bar dello sport dopo un derby? Ci siete mai andati in questi locali? Avete visto e sentito cosa si dicono i tifosi?  E’ uno specchio della nostra società.

I nobiluomini si lamentano, ma in fondo la parolaccia è anche nella nostra politica. Anzi, qualcuno c’ha pure fatto un partito!

Io, personalmente, non ho paura di ciò che viene manifestato, ma lo contrasto. Mentana, che ha lasciato Twitter, non sa che c’è un modo democratico che si chiama bannare? Se c’è qualcuno con cui non vuoi interagire, allora lo banni! Certo, ripeto, per farlo bisogna conoscere gli strumenti. Come i tg, anche i social network hanno delle regole. Tutti ne parlano, tutti giudicano, ma pochi conoscono.

Io non sono un tifoso dei social ma sono uno che li usa. Ne conosco la forza, i limiti e anche la possibilità che i social hanno di essere ingannati. Ma in fondo la gente viene continuamente ingannata anche dai tg, dai giornali di gossip, dalla stampa: anche questo è parte della società! Quindi, non ci possiamo scandalizzare per un fake. Se non ci piace lo banniamo.

Per usare i social non è sufficiente iscriversi. Il fenomeno è complesso e sta cambiando il modo di comunicare, informarsi e comportarsi.

I social aumentano i protagonismi ma lo fanno con una contropartita: la perdita di credibilità e competenze. Forse i social non sono credibili, ma lo sono invece le istituzioni, i politici? La perdita di competenza che internet crea, non aumenta le conoscenze, ma la quantità di cazzate.

Se siamo una società di cazzari, insomma, non è colpa di Twitter. Il tweet è uno specchio e logora chi non lo fa. È il nuovo ritratto di Dorian Grey che in 140 battute disegna la società che siamo e non vorremmo essere.