Il brand è tutto in una parola, in un segno si riesce a rappresentare un’idea, un valore, una rappresentazione; ovviamente vale anche il contrario. Le politiche sui marchi rappresentano l’impegno più importante per chi si occupa di comunicazione a qualsiasi livello. Mettere da parte Forza Italia però non fu un errore, ma la risposta ad un’offerta politica che appariva dirompente nonostante il contesto negativo.

Walter Veltroni si impose con un’offerta politica che generò grandi speranze, tradite dal risultato – perché non riuscì a superare i danni del governo dell’Unione di Prodi – ma ottenne comunque un numero di voti che mai il Pd è riuscito a eguagliare. Berlusconi reagì e rispose con il Pdl che lo porto alla vittoria, ma l’unione di varie anime e organizzazioni non regge; non può reggere in un partito carismatico e fortemente personalizzato. E così, il Pdl ha segnato le fasi più negative della parabola berlusconiana: ne ha segnato il ritiro (momentaneo) e il declino. Anche se ad altri è costato la fine della carriera politica (Gianfranco Fini) o la condanna all’irrilevanza (Pierferdinando Casini).

Ora, in una fase in cui nessuno riesce ad offrire una visione ottimistica del futuro, dove la gente vive il presente con ansia e preoccupazione, ora, in un momento in cui la fiducia nella politica è ai minimi termini, la scelta di guardare al passato è quella giusta e credibile per Berlusconi per cementare il rapporto con quegli elettori sempre più anziani che lo conoscono e si fidano di lui da quando si occupava del loro menù televisivo.

Negli anni ’70, durante la crisi energetica, ricordo ci fu una fase di grande ritorno al passato che prese il nome di “revival”; gli anni ’60 erano il simbolo di un’era spensierata e felice: si cominciò con American Graffiti, passando da Happy days diventando un genere; il Rockabilly influenzò quella fase che anticipò gli anni Ottanta che restano il decennio più straordinario del dopo guerra.

Ora Berlusconi, che ha dato valore e contenuti al brand Forza Italia, cerca di riprendersi da quel marchio, quello che il Pdl gli ha tolto e quello che la crisi economica sta togliendo a tutti. Cerca di affidare al brand il superamento dei danni che gli scandali sessuali gli hanno causato, attenuati da condanne per modo e dimensioni che gli stanno consentendo di trarre le energie per uscire dall’angolo.

I brand hanno una forza evocativa, potente, ma resta la questione della coerenza di chi li rappresenta; resta l’idea di una classe dirigente che generalmente non riesce a rappresentare territori né settori di interesse, l’idea di un accesso al potere non mutuato dalla competenza e dalla trasparenza. Il limite di forza Italia può essere il partito e la funzione di prossimità che né Forza Italia né il Pdl sono mai riusciti ad ottemperare.

Ma il ritorno ad Itaca funziona sempre. Le radici, il ricordo ora, con un presente di disperati e un futuro di sconsolati, non può che avere successo. Ma oltre il brand, oltre Forza Italia, dovranno essere messe sul piatto la pragmatica delle funzioni, la chiarezza dei valori, la fine di ogni furberia democristiana e opportunista, senza rinunciare alla capacità di mediare negli interessi dei cittadini. Deve essere chiaro chi tutela, chi difende, cosa non è negoziabile. Forza Italia deve essere chiara, concreta e affidabile e non deve essere rappresentata solo da Silvio Berlusconi. Se questa operazione non sarà radicale e profonda, il rischio è di apparire una furbizia da last minute e rischia obiettivamente di cadere nel ridicolo e nella farsetta. Gli elettori sono esasperati stanchi e sfiduciati occorre una cura da cavallo altrimenti l’elettorato di Berlusconi finirà per avere un erede che lo stesso Berlusconi non credo si auguri, Matteo Renzi, perché oggi vince chi convince gli elettori di centrodestra che per quasi metà non vanno alle urne… Per ora.

LA RINASCITA DI FORZA ITALIA. L’ANALISI PER IL SOLE 24 ORE