Il mio editoriale per Il Tempo – Non sappiano con certezza chi ha vinto le elezioni in Sicilia, non ancora.
Troppo corta la distanza tra i canditati e troppo larghe le forchette che gli istituti di ricerche sono stati in grado di dare.
La decisione di aprire lo spoglio il giorno dopo inoltre è una bizzarria che alimenterà polemiche e sospetti e che ha reso impossibile il lavoro dei sondaggisti, perlomeno nelle proiezioni.

La vittoria di Nello Musumeci è attesa ma dovremmo aspettare questa mattina.

Abbiamo un solo dato ufficiale e commentabile ed è il dato relativo all’affluenza. Quando 5 anni fa andarono a votare alle regionali siciliane il 47% degli aventi diritto si alzò un dolente grido d’allarme perché era stata violata la soglia della maggioranza dei cittadini che rifiutavano il voto come manifestazione democratica. Quella soglia da quel giorno è stata violata molte altre volte e in Sicilia ieri il dato dell’affluenza è andato in picchiata, costantemente per tutto il giorno.

Questo è il dato politicamente più rilevante. Se non si presta orecchio al canto dei vincitori e/o dei quasi vincitori, ci si rende conto che non solo è in gioco il processo partecipativo democratico, ma che siamo di fronte ad una bocciatura netta e totale di tutta l’offerta politica del nostro paese.
Quindi chi credeva che un proposta “vintage” dell’usato sicuro portasse i risultati del passato si è (quasi) sbagliato, come ha sbagliato (di sicuro) chi ha ritenuto che i toni rabbiosi capaci di fare vibrare le pance vuote dei siciliani attivasse un voto d’opinione capace di mobilitare tutta la Sicilia.

Il Movimento 5 Stelle offre un futuro incerto e non rassicurante e come strumento di vendetta appare troppo punitivo anche a chi lo invoca. Il resto in Sicilia non è pervenuto impegnato in un corso di formazione oltre-oceano. Matteo Renzi nonostante il suo talento appare ormai segnato dallo stigma dello sconfitta.

Tutto questo però non ha appassionato i siciliani che non presentandosi alle urne hanno denunciato una rassegnazione di cui non c’è nulla di cui compiacersi.

La questione sta nella capacità dei partiti e delle organizzazioni politiche e anti-politiche di non rappresentare solo le paure dei cittadini, i disagi e le difficoltà, non basta denunciare a gran voce tutto quello che non va e non basta fare promesse perché anche quelle più credibile appaino incredibili.
I cittadini, gli elettori nella loro maggioranza non credono più a nessuno e a nessuna promessa anche la più seria e credibile.

L’antidoto sta nella cessazione delle ostilità.

La politica deve cessare di pensare al particolare e alimentare lo scontro ma deve mettere al centro le soluzioni verificabili e concrete dei problemi della gente.

La nuova classe dirigente politica Siciliana come quella italiana che si sta preparando al cambio di primavera deve sapere che ha una responsabilità: ridare fiducia democratica alla
gente parlando delle cose fatte dentro una visione del futuro inclusiva e generosa.

Nota a margine: la Rai ha gestito questa tornata elettorale sotto tono come se avvallasse l’idea che le siciliane non sono elezioni così importanti da mobilitare l’azienda. Questa è una tesi pericolosa perché se altre aziende come La7 mettono in campo il meglio come la Maratona di Enrico Mentana, non solo la TV degli italiani appare solo la TV del governo ma si determina una perdita di credibilità per l’azienda. Poi non ci si lamenti se la gente non va a votare.