Mettiamo in fila i fatti.

Milena Gabanelli viene votata da un criptico sondaggio di elettori 5 stelle come miglior candidata per la presidenza della Repubblica, mettendo in evidenza, tra l’altro, che non sempre le maggioranze hanno ragione. Per cui il Movimento si arma di nuovi miti: Rodotà, Gabanelli, Strada diventano punti di riferimento come lo diventano i professor Becchi, il quale è stato travolto dalle sue stesse dichiarazioni nelle quali confondeva le previsioni con gli auspici relativamente all’avvento di violenza politica e sociale nel nostro paese.

Ma torniamo alla Gabanelli. Quello che ha fatto domenica è risaputo. Ha posto delle domande; per chi è ossessionato dagli scontrini da oltre tre mesi come il popolo dei 5 Stelle, sembrava legittimo domandarsi a chi andassero a finire i proventi del blog di Beppe Grillo, che lei assume essere “l’House organ” del Movimento. Ma il blog di Beppe Grillo è di Beppe Grillo, non del Movimento. Sarebbe come chiedergli di devolvere i proventi dei suoi spettacoli, al suo Movimento.

Perché 5 stelle è il movimento di Beppe Grillo e non è una proprietà transitiva, politica, metaforica: è suo, è un suo possesso. Lui detiene il marchio, lui stabilisce le regole, per carità le fa votare, le regole, ma chi non è d’accordo viene buttato fuori. Quindi è un movimento che prevede solo l’unanimità; non è previsto dissenso. Per cui, se sei d’accordo con lui vieni legittimato, vieni anche votato, glorificato, incensato, applaudito, ma se non sei d’accordo con lui vieni invece fustigato, insultato, deriso.

La cultura democratica è una cosa seria. Lui è portatore della cultura dello spettacolo, per la quale in uno spettacolo teatrale non è previsto il dissenso: se a qualcuno non piace lo spettacolo non va, non compra il biglietto; chi lo fa, si presume che lo faccia non per fischiare, dissentire o per dire che quello spettacolo poteva essere fatto in altro modo. Per questo i critici vengono considerati emeriti cretini dagli artisti.

Questo profilo emerge chiaramente anche dall’arroganza con cui rifiuta ogni forma di confronto, bollando chiunque non stia con lui come ladro, farabutto, delinquente, zombie, o semplicemente mandandolo a fanculo. La povera Milena Gabanelli, che forse ha fatto una domanda inopportuna, è stata semplicemente massacrata sulla rete: è stata insultata, derisa, esposta a pubblico ludibrio. Così impara.

Non è un caso isolato però. Ieri Corrado Formigli ha intervistato durante la sua trasmissione Piazza Pulita, Giuseppe Piscitello quell’imprenditore che si era recato da Grillo qualche mese fa assieme a Mauro Sari; ha raccontato la sua storia, drammatica, in cui un uomo ha perso la vita. Piscitello senza mezzi termini ha accusato Beppe Grillo, era evidente che, da parte sua, rivendicava una certa responsabilità in quello che era accaduto. Formigli, ripetutamente, ha tenuto in quell’occasione la barra al centro, ha ricordato che le responsabilità non possono essere di Grillo, perché non ha avuto nessuna responsabilità politica fino ad oggi; ha ricordato che i politici non risolvono i singoli casi, ma che devono occuparsi della società; opinioni che apparivano comunque come un punto di equilibrio su una vicenda di cronaca a cui stava dando voce. Nessuno dei politici presenti, Carfagna, Civati, ha speculato su questa storia, e la gente credo, sia riuscita a farsi una propria opinione.

Vi invito ad andare a vedere sul profilo Twitter di Corrado Formigli la valanga di insulti, minacce, e sberleffi che ha ricevuto, tra l’altro alcuni anche gravi: mi è capitato di leggerne uno nel quale si diceva a Formigli di bruciare, e visto di cosa si stava parlando, francamente mi è sembrato inopportuno.

Sullo sfondo la polemica sull’articolo 49; finalmente dopo mezzo secolo, nella scorsa legislatura quando non si riusciva a trovare nessun responsabile dell’uso inadeguato dei fondi relativi al finanziamento dei partiti, qualcuno ha rievocato l’articolo 49 che sostanzialmente obbliga a che le associazioni non riconosciute quali oggi sono i partiti, obblighino a diventare persone giuridiche, quindi responsabili, quindi obbligati a fare i bilanci, quindi obbligati ad una oggettiva trasparenza.

La questione è se chi gestisce la cosa pubblica all’opposizione o al governo debba essere responsabile pubblicamente e giuridicamente della gestione e della propria esistenza. Le associazioni non riconosciute non lo sono per antonomasia anche se permane e rimane sempre la responsabilità penale che è sempre personale. Quindi, il fatto che una associazione, un movimento diventi legalmente riconosciuto ne garantisce la trasparenza. Ne garantisce l’accesso, non ne definisce la forma. Beppe Grillo può rimanere un movimento, come il Pd un partito, ma che abbia un profilo giuridico ben definito.

Questo è il principio dell’articolo 49 della Costituzione disatteso per più di mezzo secolo.

Certo, la proposta di Zanda, che non mi pare molto in sintonia con se stesso, o della Finocchiaro, nella sua applicazione avrebbe bisogno di qualche rettifica, anzi sarebbe necessario che i partiti, tutti, i movimenti, tutti, si riunissero rapidamente attorno a un tavolo, e, di fronte al moloch del riconoscimento giuridico delle forze politiche, trovassero un accordo e rendessero operativa finalmente la stessa Costituzione italiana.

Ma il contributo al dibattito di Beppe Grillo, è fondato sugli insulti, è fatto di strappi, di spallate, è una continua spinta unilaterale, sommaria, spesso superficiale, che ha solo un terreno di confronto che è lo scontro; è settario, perché parte dal presupposto che l’unico che ha ragione è lui, non è mai armato di dubbi, di possibilità, non esiste relazione, è un pugno nello stomaco. Utile forse in certi momenti per scuotere, per prendere coscienza, ma non si può certo fondare il nostro futuro su questi presupposti, e là dove si è confrontato con i reali problemi di chi deve governare la vita quotidiana il risultato non è andato oltre una corretta nota spese.