La citazione di Don Verzè è quasi d’obbligo visto il sostegno che alle sue ricerche viene dai vertici. Un pò meno scontati sono i richiami che stanno emergendo, nel corso del dibattito al consiglio nazionale di Forza Italia, a figure tradizionalmente associate alla cultura progressista: Obama, prima di tutto, ma anche Pasolini al quale fa riferimento proprio il ministro della Cultura per spiegare perchè debba considerarsi ormai esaurita anche la cosiddetta «emegemonia culturale della sinistra». È il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, a ricordare che «Berlusconi ha in parte anticipato ed in parte di è adeguato ad una tendenza di tutto l’occidente, il partito del leader, e paradossalmente chi in Italia lo contesta per questo cerca poi di imitarlo, Veltroni in testa, con risultati finora disastrosi». Cicchitto spiega però che «in un sistema a piramide accanto al leader deve esserci un partito radicato sul territorio e sui nuovi media, a cominciare da internet». Qui scatta il riferimento al presidente eletto Usa: «È significativa l’esperienza del tanto citato Obama che ha esercitato leadership e carisma ma insieme ha mandato migliaia di attivisti in tutti gli angoli del Paese, utilizzando le nuove opportunità offerte da internet». Un’analisi di scenario ma anche un’indicazione di lavoro perchè «ciò deve valere anche per noi – incalza Cicchitto – perchè le prime verifiche elettorali che ci attendono riguardano sia le elezioni europee sia quelle locali».

Sandro Bondi concentra le sue critiche alla sinistra in una stoccata che riguarda proprio il suo campo d’azione, quello di ministro della Cultura: «la sinistra nella sua crisi è ormai imbevuta di conservatorismo, di radicalismo di massa e di quel conformismo del potere di cui parlava Pasolini. Pannella e di Pietro sono diventati i modelli di questa sinistra ormai al rimorchio degli altri. Altrochè egemonia culturale della sinistra».

Renato Brunetta segna il suo intervento con una riflessione inusuale per un laico: «In una intervista a Belpietro, don Verzè ha detto una cosa che mi è rimasta nel cuore e cioè che Dio è nelle imprese difficili. Il nostro senso della politica – dice il ministro della Pubblica amministrazione – è nel fare le cose difficili, non quelle facili, proprio come fa questo governo». (La Stampa)