Gianfranco Fini è uno dei più abili comunicatori tra i politici italiani, viene da una scuola classica, è quadrato nella sua esposizione e sempre a fuoco, capace di esprimere le sue opinioni con convinzione, autorevolezza e relativa semplicità .

E’ debole, talvolta, nella capacità di incidere, di lasciare in chi lo ascolta una forte e radicata memoria di quello che dice. Questo è anche dovuto dal fatto che non utilizza la tecnica del Premier, quella cioè della ripetizione tipica della pubblicità, ma ogni volta si sforza di cambiare, almeno nel modo con cui dice le cose.

Ma la comunicazione non è fatta solo di verbalizzazioni, di linguaggi, di concetti è fatta anche di segni, sguardi, percezioni, quella che in sintesi viene chiamata meta-comunicazione che consente di far arrivare il messaggio a chi ascolta attraverso un insieme di parole e sguardi, compresa l’energia che si mette nelle cose che si dicono.

Ecco il motivo per cui non posso promuovere la performance di Fini da Mentana perché sull’annosa questione della casa di Montecarlo, nelle risposte a Mentana, ha mostrato una differenza di tono, di approccio e di modo che ha trasferito un’oggettiva difficoltà.

L’ho detto e lo ripeto: bene avrebbe fatto Berlusconi a rispondere alle 10 domande di Beppe d’Avanzo su Repubblica perché si sarebbe evitato due mesi di supplizi , bene farebbe Fini a rispondere a quelle de Il Giornale e di Libero, perché sgombrerebbe il campo da ogni opacità. Devo ricordare però sia al direttore di Libero che a quello de Il Giornale che la criminalizzazioni di Berlusconi è stata una degli architravi del suo successo e quando non si sa riconoscere il limite e la misura e si supera il buon senso ciò che viene fatto per fare del male, alla fine rischia di diventare il bene assoluto di chi lo riceve.