Il confronto è il sale della democrazia. Ergo mettere a confronto i sondaggi è spesso il sistema per intuire dove sta la verità. La verità democratica.

I sondaggi in questi giorni hanno fatto arrabbiare il Premier Silvio Berlusconi e consumare chilometri di inchiostro, tra cui anche il mio nel post precedente.

E quindi per dare un ulteriore contributo alla formazione delle opinioni ho messo in fila i risultati dei sondaggi dei principali Istituti di ricerca, che hanno pubblicato i dato nelle ultime settimane.

Nello specifico, Euromedia, Alessandra Ghisleri con il 62%. CrespiRicerche 52%. Nando Pagnoncelli Ipsos 48%. Ipr-Antonio Noto 41%. Demos-Ilvo Diamanti 42%. Ipso di Renato Mannheimer 50%.

Appaiono evidenti le disparità. Ma se analizziamo tecnicamente i risultati possiamo individuare alcune possibili spiegazioni.

I campioni che utilizzano gli Istituti sono più o meno omogenei, intorno o sopra i 1000 casi. Cambiano però le domande e i metodi di elaborazione. Tutti gli Istituti, tranne Demos di Ilvo Diamanti, pongono la stessa domanda: “Lei ha fiducia in Silvio Berlusconi?”.

Nel caso invece di Dimanti la domanda è: “Dia un voto al Presidente del Consiglio”. E il 43% che ne emerge è il risultato di coloro che hanno espresso un voto superiore a 6. E’ questa è una differenza metodologica che causare delle discrepanze, ma certamente non può stravolgere il senso della rilevazione.

La grande differenza che invece può evidenziare risultati distanti tra loro, è relativa al metodo di elaborazione. Ad esempio, nel caso di Euromedia, il 100% è costituito da coloro che rispondono, sia affermativamente che negativamente. Ovvero Euromedia esclude dalla percentuale complessiva coloro che non esprimono una opinione. Esattamente come si fa nell’elaborazione dei dati preelettorali. Dove gli indecisi e il non-voto non contribuiscono alla formazione delle percentuali. Come del resto accade nelle urne. Euromedia infatti crea in questo una forte relazione tra la Fiducia e l’espressione di voto.

Siffatto metodo, l’Istituto che io rappresento, non lo utilizza da parecchi anni. Poiché si ritiene che la fiducia non debba essere necessariamente legata al consenso elettorale, ma per sua natura possa addirittura coinvolgere, parte di opinione pubblica non vincolata dal voto. Infatti sia Ipsos con il 48%, CrespiRicerche con il 52%, e Ipso 50% (che utilizzano lo stesso metodo) offrono un dato sostanzialmente omogeneo e , aggiungo, dal punto di vista tecnico, benché non sia a conoscenza della percentuale di non-voto, anche quello della Ghisleri di Euromedia è coerente, sebbene sia basato su un metodo di calcolo differente.

Di Demos abbiamo chiarito che la domanda è diversa, rimane il mistero misterioso dell’arcano del dato Ipr di Noto con il 41%, per il quale non mi è….noto, né la natura né la ragione.

Tutto questo per dire e sottolineare, che la discussione intorno ai sondaggi, spesso cade nella rissa tra avverse tifoserie, facendo perdere di fatto il profilo di professionalità (e di senso di responsabilità!) che gli Istituti di ricerca italiani hanno sempre dimostrato in questi ultimi anni. Non certamente perché non hanno commesso errori, come ben sa chi fa questo mestiere, ma certamente ne hanno commessi meno di quanto abbiamo visto accadere nel mondo. Soprattutto perché la dimensione italiana è tra le più complesse da rilevare correttamente.

Il confronto è il sale della democrazia. Ergo mettere a confronto i sondaggi è spesso il sistema per intuire dove sta la verità. La verità democratica.

I sondaggi in questi giorni hanno fatto arrabbiare il Premier Silvio Berlusconi e consumare chilometri di inchiostro, tra cui anche il mio nel post precedente.

E quindi per dare un ulteriore contributo alla formazione delle opinioni ho messo in fila i risultati dei sondaggi dei principali Istituti di ricerca, che hanno pubblicato i dato nelle ultime settimane.

Nello specifico, Euromedia, Alessandra Ghisleri con il 62%. CrespiRicerche 52%. Nando Pagnoncelli Ipsos 48%. Ipr-Antonio Noto 41%. Demos-Ilvo Diamanti 42%. Ipso di Renato Mannheimer 50%.

Appaiono evidenti le disparità. Ma se analizziamo tecnicamente i risultati possiamo individuare alcune possibili spiegazioni.

I campioni che utilizzano gli Istituti sono più o meno omogenei, intorno o sopra i 1000 casi. Cambiano però le domande e i metodi di elaborazione. Tutti gli Istituti, tranne Demos di Ilvo Diamanti, pongono la stessa domanda: “Lei ha fiducia in Silvio Berlusconi?”.

Nel caso invece di Dimanti la domanda è:”Dia un voto al Presidente del Consiglio”. E il 43% che ne emerge è il risultato di coloro che hanno espresso un voto superiore a 6. E’ questa è una differenza metodologica che causare delle discrepanze, ma certamente non può stravolgere il senso della rilevazione.

La grande differenza che invece può evidenziare risultati distanti tra loro, è relativa al metodo di elaborazione. Ad esempio, nel caso di Euromedia, il 100% è costituito da coloro che rispondono, sia affermativamente che negativamente. Ovvero Euromedia esclude dalla percentuale complessiva coloro che non esprimono una opinione. Esattamente come si fa nell’elaborazione dei dati preelettorali. Dove gli indecisi e il non-voto non contribuiscono alla formazione delle percentuali. Come del resto accade nelle urne. Euromedia infatti crea in questo una forte relazione tra la Fiducia e l’espressione di voto.

Siffatto metodo, l’Istituto che io rappresento, non lo utilizza da parecchi anni. Poiché si ritiene che la fiducia non debba essere necessariamente legata al consenso elettorale, ma per sua natura possa addirittura coinvolgere, parte di opinione pubblica non vincolata dal voto. Infatti sia Ipsos con il 48%, CrespiRicerche con il 52%, e Ipso 50% (che utilizzano lo stesso metodo) offrono un dato sostanzialmente omogeneo e , aggiungo, dal punto di vista tecnico, benché non sia a conoscenza della percentuale di non-voto, anche quello della Ghisleri di Euromedia è coerente, sebbene sia basato su un metodo di calcolo differente.

Di Demos abbiamo chiarito che la domanda è diversa, rimane il mistero misterioso dell’arcano del dato Ipr di Noto con il 41%, per il quale non mi è….noto, né la natura né la ragione.

Tutto questo per dire e sottolineare, che la discussione intorno ai sondaggi, spesso cade nella rissa tra avverse tifoserie, facendo perdere di fatto il profilo di professionalità (e di senso di responsabilità!) che gli Istituti di ricerca italiani hanno sempre dimostrato in questi ultimi anni. Non certamente perché non hanno commesso errori, come ben sa chi fa questo mestiere, ma certamente ne hanno commessi meno di quanto abbiamo visto accadere nel mondo. Soprattutto perché la dimensione italiana è tra le più complesse da rilevare correttamente.