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Dovendo iniziare a parlare di “Enzo Tortora, una ferita italiana”, il docufilm realizzato da mio fratello Ambrogio Crespi nel quale si racconta la vicenda giudiziaria e soprattutto umana del conduttore di Portobello, non posso che partire dal Festival di Roma. Quando Muller lo ha escluso adducendo scuse, forse non pensava che di questo film si sarebbe parlato ancora così a lungo. Forse, a quel tempo, non ce lo aspettavamo neanche noi.

Abbiamo iniziato a capire che si trattava di qualcosa di speciale, che andava al di là del semplice racconto, quando alcuni dei protagonisti della politica italiana, da Michele Anzaldi a Mara Carfagna, da Sandro Gozi a Lucio Barani, hanno chiesto di proiettare il film nella sacralità del Parlamento. Quel 12 novembre è stato un vero e proprio battesimo: da quel momento è iniziato un pellegrinaggio che ha superato anche i confini italiani. Non passa giorno senza che un comune, una scuola, un’università non chiedano di poter presentare il docufilm, e Ambrogio lo accompagna in giro per l’Italia e per l’Europa ogni volta con la stessa passione e lo stesso entusiasmo della prima volta.

il tempo pagina interaOgni proiezione è un’esperienza nuova e affascinante, perché coinvolge un pubblico sempre diverso; perché oltre ad Ambrogio che di quest’opera è il regista, sono tanti i nomi che ne hanno appoggiato e sostenuto la diffusione e che hanno voluto in prima persona animare il dibattito che, sempre, si sviluppa appena si riaccende la luce in sala. Intorno a queste iniziative che continuano a moltiplicarsi si è generato un sostegno che, sono convinto, solo la memoria di un caso come quella di Tortora (ormai vero e proprio archetipo della malagiustizia) poteva suscitare.

In questi giorni, a tutta questa incredibile vicenda, si è aggiunto un nuovo tassello: il sindaco di Pompei, Nando Uliano, ha nominato Diego Marmo assessore alla legalità del suo comune. Trent’anni dopo la requisitoria durissima che portò alla condanna di Tortora. La nomina non è passata inosservata e, anzi, ha subito scatenato una coda di polemiche e di prese di posizione più o meno marcate. Michele Anzaldi, sostenitore della prima ora del film, ha proposto proprio al primo cittadino di Pompei di organizzare una proiezione straordinaria della pellicola di Ambrogio e Mara Carfagna è intervenuta pubblicamente chiedendo le scuse di Marmo. Si è generato anche in questa occasione, un movimento di opinione sui temi della giustizia e legalità che ha superato ogni nostra aspettativa.

Immaginate perciò con quale stato d’animo ho accolto, ieri mattina, proprio la notizia delle scuse di Diego Marmo alla famiglia Tortora. L’intervista pubblicata in prima pagina su ‘Il Garantista’ di Sansonetti è arrivata a sbaragliare di nuovo la cronaca di una vicenda che non si è mai davvero chiusa. Lo stesso stupore ha investito mio fratello, che ha espressamente parlato di “un gran giorno”. Eppure, la memoria del ruolo e del coinvolgimento di Marmo in quella che fu la strada verso la terribile e ingiusta condanna di Enzo Tortora è ancora forte e in molti non hanno accolto bene queste scuse, reputandole insufficienti. Dalla figlia, alla ex compagna, Francesca Scopelliti, finanche a Gambescia, il giornalista che per primo ammise le responsabilità sue e di certa stampa nel rappresentare Tortora come il mostro che noi tutti sappiamo non era affatto.

Il risultato? Lunedì sera, alle 19:00, nell’Aula consiliare di Melito si ripeterà ancora una volta la magia e il docufilm sarà proiettato per iniziativa della deputata Pd Michela Rostan e della collega di Forza Italia Mafalda Amente.

La cosa clamorosa di “Enzo Tortora, una ferita italiana” (che tutti quelli che lo hanno visto continuano a definire ben fatto sia da un punto di vista tecnico che stilistico) è che ha un potere: quello di comunicare, di smuovere le coscienze. È, a suo modo, catartico.

Fonte Il Tempo