Come tradizione anche quest’anno mi appresto a chiudere il mio blog per le vacanze estive. Anche se è uno di quegli anni in cui il “Generale agosto” consiglierebbe a tutti di rimanere aperti, di seguire con ansia il flusso dei mercati, l’epica battaglia della “lotta dei Draghi” contro gli speculatori. Ma questo per me rappresenta una ragione in più per darci una pausa. Il tempo è segnato.

L’idea è che il mondo nel quale sono nato, il mondo analogico, lineare e con relazioni circolari sia finito. E’ una cosa certa, così come è evidente che nell’avvicinarsi dei miei 50 anni mi rendo conto, non senza stupore, che in una sola vita, tutti quelli che hanno più o meno la mia età, hanno visto tanti mondi finire.

La caduta dei muri, della cortina di ferro, il grande sviluppo della comunicazione. Siamo passati dal telefono a rotella con il quale chiamavo la mia famiglia quando facevo il militare allo smart phone. E ancora: l’avvento dell’ambientalismo, la fine del terrorismo, la caduta della prima e della seconda Repubblica. Senza dimenticare il cambiamento radicale dei rapporti interpersonali. Non c’è alcun dubbio, il mondo in cui vivevo a vent’anni è radicalmente diverso da quello in cui vivo ora che ne ho 50.

A quelli come me i cambiamenti non fanno paura, anzi. Noi siamo una generazione che ha visto cambiare tutto senza cambiare niente. Un pò vittime degli eventi, siamo passati da “figli dei fiori” a “figli di puttana“. Sognare ancora è difficile. La manipolazione, la costruzione dell’informazione, la continua contrapposizione tra le parti ci ha stremato determinando due passaggi fondamentali: il primo la perdita della speranza, il secondo la perdita dell’entusiasmo.

Ma la ricerca della felicità resta un obiettivo intenso, personale, che ognuno di noi persegue attraverso un proprio disegno, un diverso percorso. E su quello, guardando alla mia famiglia (mia moglie, i miei figli, mio fratello, i miei pochi amici) che recentemente si è allargata con l’arrivo di mio nipote Luca, posso dire di essere a buon punto. Posso dire di essere un uomo che nella famiglia ha realizzato se stesso, senza essere cattolico e senza imporre questo modello a nessun altro. Libero e liberamente.

In questo contesto, in questo nuovo mondo, la volontà viene frustrata, annientata, annullata. E più importanti sono gli uomini che incontro, che frequento, più è forte tale frustrazione. Un’idea capace di generare speranza non riesce più ad essere incarnata in un disegno politico. Troppo “non si può fare”. Troppi impedimenti che alimentano la difficoltà del nostro sogno.

Ma noi siamo fatti di materia stellare e senza sogni non siamo niente.

E di sogni ne abbiamo persi tanti, annichiliti e distrutti, ma di certo ad essere sbagliato non era il sogno. Ho chiuso quest’anno con negli occhi le facce dei ragazzi del campo Plus Ultra che ho incontrato sabato scorso in un’arena caldissima e che mi hanno fatto sudare sette camice. Ragazzi di venti e trent’anni che non possono rinunciare alla speranza. L’incontro con questi giovani ai quali avrei dovuto insegnare i trucchi del mestiere, in realtà, è stato un incontro che ha rigenerato il mio spirito e mi ha ridato respiro.

Perchè guardandoli negli occhi mi sono reso conto che nessun fixing di borsa, nessuno spread, nessun governo tecnico sponsorizzato da politici e nessuna Merkel di turno possono annullare quella prodigiosa voglia di sognare. Anche se il loro bisogno oggi mi appare più pragmatico, più strutturato. Questi giovani non cavalcano la tigre come i loro padri, loro cavalcano la crisi. E hanno anche capito che da questa crisi possono trarre dei vantaggi.

Se qualcuno pagherà la crisi sono i giovani ma se qualcuno verrà cancellato da questa crisi non sono di certo loro ma quelli che li hanno preceduti. Questo non è un mondo per vecchi, questo non è un mondo per giovani ma i vecchi se ne andranno in un momento, senza che nessuno se ne accorga, senza che nessuno li rimpianga.

Ora finisco di preparare la mia valigia. Ho un aereo domani che mi porterà a Istanbul e poi Van, in Turchia, ai confini con l’Iran dove i curdi hanno pagato la speranza con la loro vita…

Dunque, arrivederci a settembre!