La crisi finanziaria mette “potenzialmente in pericolo” una famiglia italiana su due: sono quasi 12 milioni, il 48,8% del totale, le famiglie che “denunciano un concreto rischio di default”. E’ quanto emerge dal 42/o Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese, che evidenzia anche come sette italiani su dieci pensi che “il terremoto nei mercati possa ripercuotersi direttamente sulla propria vita”. A determinare il rischio concorrono “investimenti in prodotti rischiosi”, mutui, credito al consumo e assenza di risparmio accumulato. Tra le famiglie “potenzialmente in pericolo, che denunciano un concreto rischio di default”, il Censis indica prima di tutto i 2,8 milioni di famiglie (pari all’11,8% del totale) che hanno investimenti in prodotti rischiosi, come azioni o quote di Fondi comuni: di queste, 1,7 milioni (circa il 7,1% delle famiglie italiane) vi hanno collocato più della metà dei propri risparmi.
Ci sono poi i quasi 2 milioni di famiglie (l’8,2% del totale) impegnate nel pagamento del mutuo dell’abitazione in cui vivono: di queste, sono quasi 250 mila (l’1%) quelle che dichiarano di non riuscire a rispettare le scadenze di pagamento o che hanno avuto molte difficoltà nel pagare le rate. Vanno poi aggiunti i 3,1 milioni di famiglie (il 12,8%) che risultano indebitate per l’acquisto di beni al consumo: di queste, 971 mila (il 4% del totale) hanno un debito superiore al 30% del reddito annuo famigliare.
Infine 3 milioni e 873 mila famiglie (il 16% del totale) non posseggono un risparmio accumulato in alcuna forma e “potrebbero trovarsi – afferma il Censis – nella condizione di non saper fronteggiare eventuali spese impreviste o forti rincari di beni di primaria necessità”.
Il Censis evidenzia anche la preoccupazione delle famiglie di fronte alla crisi: interpellati ad ottobre 2008, il 71,7% degli italiani pensa che il terremoto in corso possa avere delle ripercussioni dirette sulla propria vita, mentre solo il 28,3% dichiara di poterne uscire indenne: “una sensazione che colpisce trasversalmente” giovani e anziani, uomini e donne, al nord come al sud, secondo il Censis, “ma che risulta più profondamente avvertita da quei segmenti già duramente messi alla prova in questi ultimi anni come le famiglie a basso reddito e con figli” (è preoccupato l’81,3% delle famiglie con livello economico basso, contro il 66,2% delle famiglie con livello medio).
PER CRISI E’ ‘PANICO GENERALIZZATO’ Dopo le paure il panico. E’ quello che provano gli italiani con l’arrivo della crisi finanziaria internazionale. Il timore, generalizzato, e’ quello di perdere il proprio tenore di vita.
Questo allarme si affianca alle paure gia’ note: per gli immigrati e i rom, per le rapine, per gli incidenti stradali causati da droghe e alcol, per il precariato. Insomma, e’ stato ”l’anno della paura”, rileva il Censis che oggi ha presentato il Rapporto 2008 sulla situazione sociale del paese, alla sua 42/a edizione.
Alla crisi (paura che e’ ”strumentalizzate” dalla politica e dai media) gli italiani ci credono e non ci credono; comunque sia, il paese e’ stato ”segnato”. La societa’ italiana mostra ancora di non avere una ”consapevolezza collettiva” e di possedere una fragilita’ sociale (il primato e’ per le emozioni): a conferma del fatto che ”restiamo una societa’ ‘mucillagine”’.
Comunque si veda la crisi, il Censis pensa che essa abbia il merito di aver creato un ”salutare allarme collettivo” dove e’ vietato adagiarsi e rimuovere: si apre un periodo di adattamento, una sfida, che puo’ innovare la societa’ italiana: ”l’allarme e la paura non devono incuterci terrore per l’imponderabile futuro, non basta pero’ una reazione puramente adattativa, dobbiamo fare un passo in piu”’. La speranza? E’ nella ”seconda metamorfosi”, dopo quella degli anni fra il ’45 e il ’75, e verso la quale – rileva il Censis – l’Italia ”e’ gia’ silenziosamente in marcia”.

Si prevede un adattamento innovativo (exaptation, per usare un termine mutuato dalla biologia), ossia non automatico, che godra’ sia dei vecchi processi sia di nuovi elementi; tra questi, la presenza degli immigrati, una nuova gestione dei consumi e dei comportamenti, la crescita di nuove competizioni sul territorio (come le mega citta’).