Dopo aver espresso un’opinione che tante polemiche ha creato relativamente alla presentazione della campagna elettorale di Matteo Renzi, non posso certamente sottrarmi all’analisi della presentazione di quella di Gianni Cuperlo.

Veniamo alla scenografia: la definirei underground e vintage. Cuscini a terra, bancali e il candidato non in mezzo alla gente, ma proprio tra la gente, sullo stesso piano. Questo marca in termini cognitivi la differenza precisa con il sindaco di Firenze. Il messaggio che sta dietro qual è? Matteo Renzi guida il cambiamento, si mette alla testa, al di sopra. Cuperlo è “tra”, è “con”.

Anche la scelta della location, non solo della scenografia, ha un forte valore simbolico. Ottima la presentazione antropologica del personale che gli sta attorno, fa emergere tra il pubblico la diversità, tra le altre cose si osserva lo stesso numero di donne e uomini, con una attenta rappresentazione delle minoranze. Sembra tutto casuale, buttato lì, alla buona. In realtà, è un’organizzazione e una rappresentazione molto ordinata e molto bene equilibrata.

Buona anche la presenza su internet con un ottimo streaming e un sito abbastanza basic, molto blog, con un template rosso. Anche nella scelta dei visual Cuperlo è abbastanza classico, ma chiaro. Diciamoci la verità però: #BelloeDemocratico non è questo gran slogan… ma almeno si legge dritto per dritto, non si deve fare fatica per comprenderlo.

Ma parliamo di Cuperlo. Il suo principale problema è la notorietà, la conoscenza. Sta evidentemente facendo una forzatura su se stesso, non è un frontman è più un intellettuale, ma a me è capitato di leggere il suo discorso e le cose che scrive sono semplicemente stupende; le cose che scrive hanno una forte profondità di sinistra; frasi costruite con una ricchezza di linguaggio che hanno uno spessore con riferimenti comprensibili, con una forte capacità evocativa. Se dice cose grandi, non usa la parola grandezza, ma esce dal basic language. Riesce ad essere complesso, ma nello tempo semplice. Se lo leggi.

Se lo ascolti o lo vedi è un disastro. La sua contraddizione percettiva è tremenda, dice cose epiche, con una voce che ricorda vagamente quella di un Tremonti di sinistra con una espressione sempre nauseata. Con un approccio da puzza sotto il naso, sempre compassato, perfetto, classico nell’abbigliamento, non ha mai un capello fuori posto. Peggio di Gianni Letta. Insomma, trasferisce emozioni che sono contraddittorie, l’enfasi di quello che dice è in contraddizione (e quindi va in conflitto percettivo) con come lo dice. Non ha il carisma di chi ti rassicura su come devono essere fatte le cose e sul fatto che le farà, mentre sembra avere più il carisma di chi te le racconta o di chi ti spiega cosa è avvenuto. Non un generale da campo, ma un inviato di guerra.

Nel primo dibattito televisivo mai trasmesso per le elezioni americane nel 1960, quello tra Nixon e Kennedy (seguito dal mio amico Napoleon) gli analisti che hanno letto il discorso erano 80/20 a favore di Nixon, ma quelli che l’hanno visto… bhé sapete tutti come è andata a finire.