Caro Pisapia,

non devi vergognarti di essere stato comunista, anche io lo sono stato.

E’ comprensibile che , per una persona come Mara Carfagna, “comunista” sia un insulto . Perché lei pensa al comunismo per quello che è stato in buona parte del mondo, una forma di governo che ha limitato la libertà, in modo oppressivo. Lei pensa all’arcipelago Gulag. Ma quando io ero comunista avevo la stessa posizione rispetto ai Gulag e anche alle dittature, perché essere comunista in Italia a fine anni ‘70 non era come esserlo nel ’56.

I comunisti in Italia hanno avuto molte forme, molte vie: l’Eurocomunismo di Berlinguer, la terza via, la presa di distanza dall’Unione Sovietica, ma non dai loro soldi. Coesistevano nello stesso partito personaggi come Cossutta e Amendola. Ma la matrice era democratica, progressista e tendenzialmente aperta verso i diritti civili, certo scontando molte ambiguità: la posizione sull’Ungheria, quella sull’Afghanistan e anche, persino, la posizione sui referendum Radicali su aborto e divorzio.

E’ vero che essere comunisti in Italia non è come esserlo in Unione Sovietica o a Cuba. A fine anni Settanta essere comunisti era ‘essere non democristiano’ , orientandosi verso il cambiamento. Comunque, una posizione confusa a tratti ambigua, che lo stesso partito comunista ha corretto, nell’89 alla Bolognina. Pero’ ha a che fare con scelte personali che cambiano con il tempo.

Oggi ho tante cose in comune con chi si professa anti comunista, oggi ho tante cose in comune con chi si professa liberale, liberista. E chi dovesse definirmi comunista non mi offenderebbe nemmeno oggi. Perché la cultura, la struttura mentale, la formazione è quella. Ed è una buona formazione, quella delle Frattocchie, per certi versi, anche se non vi è dubbio che quell’ideologia abbia fallito, miseramente e clamorosamente. Ma i bisogni e le esigenze che denunciava e le aspettative che aveva creato in Italia restano intatte, indelebili, imperturbabili.

Il duello a Ballarò tra Mara Carfagna e Giuliano Pisapia, ha messo di fronte una persona che diceva la verità (la Carfagna) con un’altra persona che in fondo la negava, perché negava non tanto il passato, ma l’aderenza a quello che oggi significa essere comunisti. Comprensibile da parte di Pisapia, ma forse questa posizione non può essere liquidata con una battuta tipo “non sono mai stato comunista” ..benché candidato di Rifondazione Comunista no, ..certo come indipendente… ma scusi, signor sindaco, sono sofismi. Ecco tutto questo merita un approfondimento maggiore, una presa di coscienza che non può essere documentata in un talk show, buttata lì tra una battuta e l’altra, e non può essere neanche l’argomento di notisti e commentatori o critici televisivi che esercitano il proprio rancore o la propria appartenenza politica e ideologica guardando solo una parte della trasmissione, senza alcuna competenza tecnica, e negando il fatto che in questi talk show ognuno parla ai suoi, alle proprie rispettive tifoserie.

Se la Carfagna dà del comunista a Pisapia, assume un tono e un atteggiamento e un contenuto coerente con i propri tifosi, mentre se Pisapia rinnega le proprie radici sara’ poi difficile spiegarlo al suo elettorato. Ed è più facile che i neocomunisti siano tra i suoi elettori, e i suoi tifosi , che non tra quelli della Carfagna. Questa logica schiacciante, lineare , non la troverete sui quotidiani.

La verità è che la questione dei comunisti italiani è tutta aperta e la revisione non è stata ancora completata. Anche se io continuo ad appartenere a quella parte della sinistra che cantava le canzoni di Vecchioni, come Signor Giudice, e che sussurrava con rispetto per le persone diversamente alte, la canzone di De Andrè. Certo non sono un intellettuale.