Anche oggi su un quotidiano nazionale è uscito un articolo dedicato al caso di mio fratello Ambrogio, all’85° giorno di prigionia nel carcere milanese di Opera. Si tratta questa volta de “Il Giornale”, dove Luca Fazzo fa il punto sull’intera faccenda analizzando anche i risultati della perizia del Cise presentata dal collegio difensivo.

‘Ndrangheta, l’esperto accusa «Nessuno spostamento di voti»

Di Luca Fazzo 

«Ci hanno fatto presentare una nuova richiesta di scarcerazione, facendoci credere che sarebbe stata la volta buona. E invece poi ci hanno detto di no. E mio fratello è in carcere da ottantuno giorni». Così il sondaggista Luigi Crespi racconta gli ultimi sviluppi della vicenda di suo fratello Ambrogio, arrestato in ottobre con l’ accusa di avere procurato migliaia di voti a Domenico Zambetti, candidato alla Regione con l’appoggio delle cosche calabresi. Ambrogio Crespi sostiene di non avere mai portato a Zambetti neanche un voto. All’inizio di dicembre, i suoi legali hanno consegnato ai giudici un documento importante: una perizia del più noto studioso italiano di flussi elettorali, Roberto D’Alimonte, per dimostrare che non esistono , nella zona di Crespi, tracce di picchi di voti a favore di Zambetti: semmai il contrario. Ma neanche questo ha convinto il giudice Alessandro Santangelo e il pm Giuseppe D’Amico. Secondo il pm, la perizia di D’Alimonte «non contiene elementi tali che possano superare il dato inconfutabile del consistente aumento di preferenze di Zambetti Domenico alle elezioni regionali del 2010, dove il politico si presentava con la lista del Pdl, rispetto alla precedente consultazione elettorale del 2005, con la lista del Cd: aumento di voti che risulta perfettamente coerente con l’ipotesi emersa chiaramente dalle intercettazioni ambientali del supporto elettorale fornito all’esponente politico dalle cosche della ‘ndrangheta».

Ma cosa diceva esattamente la perizia? D’Alimonte esaminava sezione per sezione i risultati ottenuti da Zambetti nel 2010, e li confrontava poi con i voti ottenuti dallo stesso assessore nel 2005. Il primo dato scoperto da D’Alimonte è che i 4.444 voti che vanno a Zambetti nel 2010 a Milano, pari a una penetrazione dello 0,45%, non sono distribuiti in modo omogeneo: il quartiere dove Zambetti è più forte è il Forlanini, quello dove è più debole il centro storico. Ma la zona «storica» di Ambrogio Crespi è il quartiere di Baggio, e qui Zambetti va male: 62 preferenze in tutto, pari allo 0,34. E in nessuna sezione elettorale milanese c’è traccia di quel picco a favore di Zambetti che vi sarebbe stato se – come dicono due dei personaggi intercettati dai carabinieri nell’inchiesta sull’assessore – Crespi avesse portato i voti di due interi condominii.

Il 19 dicembre gli avvocati di Crespi chiedono al gip Santangelo la scarcerazione dell’arrestato, sostenendo che «c’è ormai la prova che Ambrogio Crespi non ha fornito alcun contributo al sodalizio criminoso, sub specie raccolta voti a favore di Domenico Zambetti». Il pm D’Amico dà parere negativo. E il 24 dicembre il giudice Santangelo nega la scarcerazione, allineandosi con il parere del pm. Ma è in questa ordinanza che c’è un dettaglio che non quadra, e che i difensori di Crespi non mancano di fare notare.

Per rifiutare la scarcerazione nonostante la perizia di D’Alimonte, il giudice si trincera dietro una ordinanza del Tribunale del riesame: «paiono del tutto condivisibili le considerazioni già svolte dal tribunale del Riesame in ordine alla sostanziale irrilevanza a fini difensivi degli esiti della consulenza tecnica di natura elettorale». Peccato che l’ordinanza del Riesame sia del 25 ottobre. E che la perizia di D’Alimonte sia stata depositata solo il 5 dicembre.

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