Marco Del Ciello parla del caso di Ambrogio su Notizie Radicali con un articolo dal titolo “Enzo Tortora e Ambrogio Crespi, due casi di giustizia ingiusta“.
Del Ciello ripercorre tutte le tappe di questa assurda vicenda che ha coinvolto mio fratello.

Riporto qui di seguito il pezzo integrale.

Giovedì scorso l’Associazione Radicali Senza Fissa Dimora, di cui sono iscritto e militante, ha contribuito alla quattro giorni di mobilitazione nonviolenta dentro e fuori le carceri promossa dal Partito Radicale con un presidio davanti al carcere milanese di Opera. In questo istituto penitenziario, non uno dei peggiori a voler essere giusti, si trova attualmente recluso in attesa di giudizio Ambrogio Crespi, fratello del più noto sondaggista Luigi. Crespi è stato arrestato il 10 ottobre scorso nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra l’ex assessore regionale lombardo Domenico Zambetti (PdL) e la ‘Ndrangheta, la mafia di origine calabrese che è da tempo presente e attiva anche a Milano, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Secondo i pubblici ministeri del caso, Crespi avrebbe aiutato la criminalità organizzata a comprare ed estorcere voti di preferenza per Zambetti in occasione delle elezioni regionali del 2010. Giuseppe Rossodivita, consigliere regionale della Lista Bonino-Pannella nel Lazio e avvocato difensore di Crespi insieme al collega milanese Marcello Elia, ha spiegato ai microfoni di Radio Radicale che l’accusa a carico del suo cliente si basa quasi esclusivamente sulle parole di un altro imputato intercettato nel corso delle indagini. Parole che non trovano però riscontro nei fatti: Crespi avrebbe raccolto centinaia di preferenze in due complessi residenziali gestiti dalla criminalità organizzata, ma l’analisi dei dati elettorali mostra chiaramente che i voti per Zambetti sono distribuiti in modo uniforme sul territorio milanese, poche unità in ogni sezione. Di più, le stesse intercettazioni suggeriscono che non ci fosse nessun tipo di rapporto tra Crespi e Zambetti e pare difficile credere che potessero commettere un crimine insieme senza neanche conoscersi. Nonostante ciò e nonostante il nulla assoluto emerso dalle intercettazioni del telefono dello stesso Crespi, il Tribunale del Riesame ha accolto in modo acritico le conclusioni dei pubblici ministeri e ha confermato la carcerazione preventiva. In Italia un cittadino può perdere la sua libertà per un semplice pettegolezzo, senza che esistano prove di colpevolezza.

La deputata radicale Rita Bernardini ha parlato da subito di un nuovo caso Tortora, per l’autentica persecuzione giudiziaria che può colpire chiunque in qualunque momento, ma credo anche per la qualità umana di una persona come Crespi che, ben prima di sperimentare sulla propria pelle i mali della giustizia italiana, ha dato spazio sul giornale on line che dirige, Clandestinoweb, al dramma delle carceri. E noi radicali sappiamo bene quanto sono rari i professionisti dell’informazione sensibili a questi problemi. Ci sono poi analogie non superficiali nelle due vicende: in primo luogo vediamo come la necessità di contrastare la criminalità organizzata diventi troppo spesso il pretesto per violare impunemente i diritti dei cittadini, ad esempio utilizzando reati non previsti dal codice penale come il concorso esterno in associazione mafiosa o infliggendo ai detenuti la tortura vera e propria del 41 bis. Per non parlare dell’ergastolo ostativo, che si pone in aperta contraddizione con le previsioni dell’articolo 27 della Costituzione. E poi l’abuso della carcerazione preventiva, che da misura eccezionale si è progressivamente trasformata in una forma di pressione esercitata sull’imputato per indurlo a confessare o, peggio, in una pena anticipata, precedente al giudizio. Oggi in Italia i detenuti in attesa di giudizio sono più del 40%, parliamo di almeno 26.000 persone che non hanno subito una condanna definitiva eppure stanno già scontando una pena. Quanti di questi risulteranno poi innocenti alla fine dei tre gradi di giudizio? Secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, ben 13.000, la metà esatta.

Ambrogio Crespi, diversamente da altri detenuti meno fortunati, può almeno contare sul sostegno attivo dei suoi cari: il fratello Luigi sta conducendo un duro sciopero della fame e ha allestito un sito Internet, www.ambrogiocrespi.it, su cui è possibile seguire gli sviluppi della vicenda giudiziaria giorno per giorno e anche firmare una petizione che chiede l’immediata scarcerazione di Ambrogio; alcuni suoi amici hanno preso parte giovedì scorso al presidio radicale davanti al carcere di Opera; Rita Bernardini, in una delle sue rare apparizioni televisive, ha citato il suo caso come un esempio dei molti mali della giustizia italiana. Questi sforzi non sembrano però ancora sufficienti a rompere il muro di silenzio che circonda la realtà del sistema penale italiano e che i radicali, spesso da soli, denunciano in ogni sede”.

FIRMA LA PETIZIONE PER AMBROGIO CRESPI LIBERO SUBITO