Di Lior Angelovici – Quella di oggi è stata una giornata molto particolare per me, cominciata all’alba, dopo una nottata insonne dovuta all’emozione di rivedere un grande amico; un mix di sentimenti sfavillanti. Una mattinata diversa da tutte le altre… Ho vissuto un’esperienza mai provata prima in vita mia. E non sono un ragazzino.

Come un “novellino alle prime armi”, in treno parlo con Helene del carcere e di Ambrogio, rinchiuso lì da 127 giorni. Penso e ripenso e dentro di me dico: “io sono un uomo. Ho 44anni. A me non farà certo un così tragico effetto. Mi conosco. Ho passato tante esperienze di vita, anche molto tristi e negative. Vedrai Lior, vedrai, Ce la farai!”.

Le tre ore di viaggio, tra discorsi, giornali e tecno-notizie, passano in fretta e finalmente arriviamo nella fredda Milano. Qui ci accolgono neve e gelo; ci viene incontro l’amica Elena che con il suo sorriso solare ci da’ un caldo benvenuto e ci conduce verso la sua macchina: direzione Carcere di Massima Sicurezza di Opera.

Lungo il tragitto ero impaziente di riabbracciare Ambrogio che non vedevo da più di 4 mesi. Mi hanno detto che è dimagrito di 25 kg.

Un po’ di traffico ed eccoci finalmente arrivati ad Opera. Entriamo, facciamo il Controllo documenti. Lasciamo ogni oggetto negli armadietti all’entrata, perfino la mia microscopica catenina d’oro, e aspettiamo…

Passa un’oretta che trascorriamo assieme ad altre persone che come noi si sono spogliate di tutto, finché un uomo strilla: Crespi! Crespiiii! Ecco, il grande momento è arrivato! Si entra!

Ci conducono in un’altra stanza dove ci sono due piccoli spogliatoi, uno per uomini e l’altro per donne e qui si esegue il controllo personale. Non si può portare nulla dentro, solo, al massimo, i fazzolettini di carta. La polizia è gentile e molto professionale, ma tutta questa “situazione” mette un po’ di magone e ansia. Io, che credevo oramai di essere un uomo navigato, pieno di esperienza, mi sono ritrovato in uno stanzone insieme a tanta gente in fila per entrare. Sono balzati alla mia mente i poveri deportati dei campi di concentramento; gente normale catapultata in una situazione anomala e irrazionale, sicuramente molto più grave della nostra. Pensavo alla mia ansia. Figurarsi la loro. Sarà stata la neve, saranno state le mura di cemento, la gente in fila ordinata, le persone in divisa, ma quello era il mio pensiero…

Poi si aprono finalmente le porte del carcere. Si spalanca il lungo corridoio di entrata e l’ansia pervade ogni cellula del mio corpo. Helene mi fa da guida. Io la seguo a ruota e finalmente ci dicono di andare nella sala numero 6. Bella, grande, almeno 4 metri per 4.

Passa qualche minuto, poi sentiamo aprire le porte e infine entra Ambrogio, con un cappellino e un giubbotto nero. Appena ci vede gli brillano gli occhi, ci brillano gli occhi. Saluta Helene e noi ci saltiamo addosso per un grande e lungo abbraccio. Poi ritorna a baciare la moglie. Tira fuori dalle tasche 2 baci perugina ed un succo di frutta per noi. Ci ospita non a mani vuote.

Tutta l’ansia è sparita. C’è solo la gioia di rivedere un amico, l’emozione che traspare dai nostri occhi lucidi. Ci sediamo tutti e tre e cominciamo a parlare di quanto sia assurda questa situazione. Lui è dimagrito, stanco e deluso. Reagisce a parole ma ha gli occhi tristi, stanchi. Mi colpisce quando afferma che se Luigi dovesse andare in ospedale a causa dello sciopero della fame lui ne inizierà a sua volta uno della fame e della sete FINO ALLA MORTE! Io conosco Ambrogio e so che lo farebbe. Noi tutti lo tranquillizziamo dicendo che Luigi ha interrotto il digiuno proprio per evitare il peggio, come aveva promesso ad Ambrogio.

Parliamo delle lettere che riceve dagli amici e da coloro che dall’esterno lo sostengono. Parliamo del lavoro, dei ragazzi di Spin-Network. Lui è molto felice di sapere che non è caduto nel dimenticatoio. Vorrebbe sempre di più. Ma questo periodo è dedicato alle vicine elezioni e alle dimissioni del Papa. Lui ingoia il rospo con un mezzo sorriso.

Il tempo è volato! Noi chiacchieravamo, mentre Helene lo abbracciava. Sembrava proprio di essere tornati indietro nel tempo, all’inizio del loro innamoramento, quando io ero presente, alcune volte, per “reggere il moccolo”. Lo stesso periodo anche del nostro, mio e di Ambrogio, innamoramento.

L’unica differenza era quando dei rumori metallici avvisavano Ambrogio che il tempo era finito e sarebbero venuti a riprenderlo. E’ successo per circa 4/5 volte in 10 minuti, e alla fine ecco la porta aprirsi. Di nuovo baci ed abbracci. Io non scorderò mai il suo viso, i suoi occhi, la grossa stretta di mano con la promessa di un mio ritorno. Sì, perché tornerò a trovarlo presto, anche se spero di cuore che non ce ne sia bisogno e che tutto si risolva presto.

È stata una giornata ricca di emozioni, molto stancante dal punto di vista psicologico, trascorsa tra alti e bassi.

È incredibile e veramente difficile pensare come possa una persona normale ed onesta resistere in un posto del genere. È una cosa troppo diversa da ogni umana aspettativa. Io credevo oramai di essere un uomo, pieno di esperienza. Ma oggi ho avuto l’ennesima conferma che non si finisce mai di imparare e, oserei dire, anche di conoscere se stessi.

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