Non sappiamo se sarà il candidato leader, ma quello che sappiamo è che Silvio Berlusconi continuerà ad essere un protagonista della prossima campagna elettorale. Ha rinunciato ad Atreju, la kermesse della destra romana, e lo ha fatto all’ultimo momento ripagando le critiche e gli atteggiamenti avuti da molti ex An. Ha voluto punire Giorgia Meloni, come aveva già fatto con Alemanno, dicendo a chiunque che non crede essere il candidato giusto per Roma. Una delle sue priorità è conservare il Nord e per fare questo ha bisogno della Lega, un filo mai interrotto e che recentemente è stato rinforzato a Brescia dalla stessa Maria Stella Gelmini.

La Lega, dal canto suo, governa in due regioni e in molti comuni e la sua rete di influenza non avrebbe nessuna possibilità di resistere elettoralmente a nessuna elezione amministrativa senza il Pdl e in quest’ottica Roma è sacrificabile, come del resto in questo quadro si capisce perché abbia lasciato andare Miccichè in Sicilia.

La strategia è quella dell’arrocco, di certo non ha la forza di vent’anni fa, non rappresenta più una novità: è invecchiato e logoro, il suo personaggio più della persona, minato come è stato nella sua credibilità sia personale che politica, sia in Italia che all’estero. Ma, nonostante tutto, è un signore che rappresenta un pezzo d’Italia e lo rappresenta profondamente e sarà capace di portarsi a casa un bottino elettorale tra il 20 e il 25 per cento, mentre la sinistra è distratta dalle faide interne e dalla distribuzione del bottino di guerra.

Berlusconi non è più quello di una volta, ma non è neanche uno qualunque: ogni volta che gli recitano la messa e gli spalano la terra sulla bara salta su per prenderti a randellate.

Lui non ha elettori ed elettrici ma fan, da lui non pretendono democrazia interna o primarie o un programma condiviso, a lui chiedono di poter partecipare come spettatori allo show di prima serata che ha cominciato ad allestire per loro da oltre trent’anni.

Capire Berlusconi, per la classe dirigente politica italiana, è cosa non ardua, impossibile: è un extraterrestre, parla una lingua diversa lontana. Si rinnova, cambia senza dichiararlo, si sposta come un grande impresario teatrale eppure appare sempre se stesso, immutabile nella sua mutabilità come un retrovirus si adatta ma non modifica il suo scopo originario.

Ora, dire a Berlusconi che attaccare l’Europa non è coerente, dire che il fiscal compact ammazzerà il Paese e che l’Imu va eliminata è una cosa pazzesca per chi lo ha votato in Parlamento. Anche perché il fiscal compact rientrava tra le condizioni da lui firmate con la stessa Bce prima che cadesse il suo governo. La coerenza, quindi, non serve, perché ieri produceva consenso parlare di rigore al fianco di Monti, mentre oggi ne produce prenderne le distanze e attaccare quelli che ci hanno scannato con il suo consenso.

Dopo quello che ha detto ieri, uno si aspetterebbe che oggi comunicasse a Monti che se vuole governare il Paese deve farlo attraverso il voto, ma non lo farà perché questo favorirebbe l’avvento delle sinistre e i suoi lo sanno bene, quindi sarà lui questa volta a rosolarsi Monti e i montiani, così innamorati di quelle poltrone che non hanno la dignità neanche di dimettersi.

La campagna elettorale è partita e sarà durissima: passerà per un Paese stremato e spaventato e attraverso regolamenti di conti che solo ora intravediamo.

Solo uno sopravviverà…