Sono tante le cose che Grillo e Berlusconi hanno in comune, lo so che ai più può sembrare una bestemmia. Il Berlusconi del 1994, quello della “discesa in campo” contro i partiti e la burocrazia, era una reazione alla palude della I Repubblica e il suo uso, rivoluzionario per l’epoca, della comunicazione, in particolare della tv, è assolutamente speculare al Grillo di oggi contro i partiti della II Repubblica e con il suo uso rivoluzionario di internet.

Entrambi sono due demagoghi perché puntano al 100% del consenso e lo fanno in modo dichiarato ed esplicito. E puntare al 100% è cosa diversa dal principio democratico di gestione delle maggioranze o dei partiti che, come dice il nome, sono rappresentativi di parti della società.

Entrambi promettono cose che difficilmente si possono attuare. L’abbassamento delle tasse da parte di Berlusconi nella realtà, purtroppo per tutti, si è realizzato nell’opposto, dall’altro lato l’idea suggestiva di non pagare i debiti e uscire dall’euro si ascrive più alle battute di un comico che a quelle di uno statista.

Entrambi hanno al loro fianco un giovane, Pizzarotti a Parma un po’ ci si è trovato accanto a Grillo, mentre Alfano ci è nato vicino a Berlusconi.

A Parma poi assistiamo a un vero e proprio conflitto ai limiti della farsa. Grillo è convinto di governare una città con 600 milioni di debiti con delibere partecipative e ponendo al centro se stesso e il suo blog, strumento valido di divulgazione pedagogica, ma assolutamente ridicolo come strumento di gestione della Pubblica Amministrazione. La partecipazione deve avvenire, essere presente e forte nella determinazione, nel controllo, ma non può essere una deresponsabilizzazione degli eletti in una democrazia elettiva e rappresentativa. Gli ideali, i programmi, gli indirizzi si devono inserire in quel solco democratico nel quale l’eletto deve esercitare la sua delega come atto di responsabilità verso i cittadini e, se lo fa con coerenza, verrà dagli stessi premiato.

Non si può immaginare che il Comune di Parma, o qualsiasi altro comune, possa diventare una moderna e telematica “Comune di Parigi” o non si può immaginare che l’accesso alla democrazia possa avere limiti tecnologici o ridurre un sindaco ad una specie di “notaio 2.0” che conta su Twitter quale delle sue delibere potranno essere votate dal suo Consiglio.

Pizzarotti ha assunto la consapevolezza di questa responsabilità, Grillo si sente messo da parte, ha il complesso della puerpera, la sindrome della prima donna. Ma non era il portavoce? Non era il solco nel quale l’aratro tracciava la semina?

Dall’altra parte, oggi abbiamo assistito ad uno spettacolo triste, melanconico, di fronte alla vastità dei problemi del nostro Paese, e della gente che lo abita, e dell’emergenza e della necessità che si ha di avere risposte, Silvio Berlusconi si è presentato con il suo Angelino Alfano con la grande novità che riguarda ancora una volta i partiti, il governo degli stessi e i metodi elettorali, rispolverando il Berlusconi con la sua retorica consumata e consunta.

“Non è vero che abbiamo perso le elezioni”, “c’è un 40% di elettori che si è astenuto ma che è pronto a rivotarci” che non è da escludere per partito preso ma neanche scontato come ha detto lui. Berlusconi poi ha detto che è non è disposto a fare il premier, ma ha superato se stesso ponendo sul tavolo politico una riforma elettorale presidenziale a doppio turno alla francese, dove non ha escluso una sua candidatura, dicendo che avrebbe fatto quello che gli chiedeva il partito. E il lapsus di Alfano non lascia dubbi in proposito…

Quindi Berlusconi rinuncia a fare il premier, ma si candida a nominare lui stesso il premier. L’idea di imporre la sua rappresentazione della società, che non corrisponde alla realtà, costringe Alfano in un angolo, ai limiti dell’imbarazzo.

Nel giorno in cui doveva presentare al Paese la sua novità politica, l’uomo che ha saputo far sognare gli italiani, che ha saputo generare la fiducia e ha saputo, più di tutti in questi ultimi 20 anni, cambiare questo Paese, si è presentato, dopo una sconfitta politica, non con un Piano Marshall della politica e degli italiani, ma con una cosa più vicina ad un Caffè Chantal.

La necessità di un cambio generazionale, la necessità che gli anziani si chiamino Grillo o Berlusconi o Bossi e che si facciano da parte è vitale per il nostro Paese, non solo per il Pdl, non solo per il centrodestra, non solo per i grillini, non solo per una parte, ma, demagogicamente, per tutti.