Beppe Grillo ha fatto dell’insulto, dell’aggressione verbale violenta e cruda uno stile efficace della rappresentazione politica di un sentimento diffuso. Ha mandato a fare in culo tutti premi Nobel, politici, patrioti e buffoni; non ha fatto sconti a nessuno, si trattasse della Montalcini o di Veronesi… figuriamoci Bersani o Berlusconi.

Al vaffanculo ha dedicato veri happening ripresi in rete e diventati veri cult. Ora dopo un decennio e dopo essere diventato con il Movimento 5 stelle il terzo partito italiano si lamenta perché non si mettono più in fila per farsi insultare da lui? Si lamenta perché al suo vaffanculo rispondono in coro vacci tu?

Ora si spaventa e ha paura della violenza; evoca, come altri, a sproposito gli anni di piombo; evoca i classici perché vorrebbe avere l’esclusiva del vaffanculo; una forma unidirezionale, la stessa che lo porta a non sottoporsi mai al confronto, ma a dare dei servi e dei venduti a chiunque gli si para davanti con un microfono?

Diciamolo, caro Beppe tu stavi scherzando, della rivoluzione a te non frega niente: un conto era salire sul palco e fare il culo a tutti, un altro è quello di giocarti il tuo di culo.

Ora le cose che hai proclamato le devi fare e ti sei reso conto che non è così facile come dirle. E se poi vinci le elezioni?

Sì, mi pari terrorizzato, ma non dalle aggressioni: sei terrorizzato dal tuo successo, rapido, repentino e di cattivo auspicio. Hai creato aspettative che sai che non potrai che tradire; sei così simile a quello che hai combattuto da avere odio per te stesso.

Dilaga il tuo consenso non certo per i tuoi meriti, ma per l’idiozia di una classe politica incapace di rappresentare la propria gente, effetto di chi viene eletto senza voti. Pusillanimi senza visione che stanno riempiendo le bisacce del tuo elettorato a quattro mani.

Lo stress del successo, le pressioni inaudite e le paure di affrontare le responsabilità in un momento come quello che stiamo vivendo ti hanno fatto sclerare, uscire di testa e non sai come convincere i tuoi adepti che non sei un rivoluzionario né un leader politico, ma un comico che tragicamente non fa ridere più nessuno.