Non si tratta solo dei Maya e del loro calendario, le tradizioni arcaiche che si sono impegnate a dare una data alla fine del mondo sono innumerevoli: dall’India – i Veda -, agli egiziani, finanche agli indiani Hopi. Anche se sopra ogni altra cosa troviamo Nostradamus con le sue terribili quartine.

A questo poi si aggiunge tutta una cinematografia hollywoodiana e la letteratura contemporanea che trova nell’argomento fine del mondo una delle collane di maggior successo e diffusione.

Se tante dottrine, tanti studi e tante civiltà hanno espresso una previsione coincidente, il dubbio – estremamente ansiogeno – che ci sia qualcosa di vero viene anche al più razionale degli uomini.

Ma usciamo dalla superficialità: il fulcro della letteratura sta nella tesi che ogni 26 mila anni ci si trovi di fronte ad un allineamento dei pianeti e questo allineamento dovrebbe creare squilibri tellurici, magnetici e di altra natura. Su questo allineamento dei pianeti, vi è una dottrina amplissima.

Per esempio, l’inventore della gravità, Newton, era ossessionato dalla scoperta della data della fine dei tempi e passò la sua intera esistenza a tentare di decodificare il codice della Bibbia, codice cifrato che nascondeva degli avvenimenti in quella stessa Bibbia che ad ansiogenità cero non scherza, se pensate al libro dell’Apocalisse o ai Cavalieri dell’Apocalisse.

Ma ancor di più di Newton, è stato un italiano che all’inizio del secolo scorso ha annunciato di aver decodificato il codice dei Massoni che è scritto sulle pareti e all’interno delle Cattedrali gotiche: Fulcanelli. Fulcanelli è il principale fautore del ”chiarismo” l’idea per cui la fine di un’epoca è il preludio di un inizio di un’era evolutiva migliore.

La chiave sta nella leggenda della croce di Hendaye che racchiude in sé l’idea che la successione degli equinozi dovrebbe terminare con l’allineamento dei pianeti quindi nel 2012.

Newton, Nostradamus con la famosa quartina 99 ”Non scenderà la dolce manna”, Fulcanelli, tutti sembrano avvisarci che sta per arrivare la fine del mondo, che questo sia inevitabile e che ci si debba preparare.

Anche il calendario ebraico, come quello Maya, dura 7 mila anni e, naturalmente, è inutile che vi dica che l’anno in cui siamo e il 7 millesimo.

Ma mentre Fulcanelli esprime un cambio di era evolutiva e positiva, Newton e Nostradamus, come del resto gli indiani Hopi, indicano costantemente due futuri possibili. In particolare gli Hopi parlano della stella blu e di quattro ere finite con quattro catastrofi e di una quinta, che coincide con quella in cui viviamo noi, che dovrebbe essere preceduta da disordini ambientali, politici e sociali.

Ma in una famosa roccia sacra si vedono le due traiettorie: in una gli uomini periscono nella carestia, nell’altra fioriscono nella rinascita. La chiave quindi sta nella scelta: cioè la fine di questa epoca è inevitabile, ma il dopo è determinabile dalle scelte che gli uomini faranno.

Non lo so se i conti delle ere baktun dei Maya sono giusti o se la stella blu degli Hopi brucerà veramente o se Nostradamus era solo un furbastro, Newton un pazzo e Fulcanelli un maniaco. Quello che so è che il mondo in cui noi siamo nati già non esiste più. Quello che so è che i cambiamenti che le persone nate in quest’epoca hanno dovuto subire dal punto di vista politico, sociale, tecnologico sono per numero e importanza molto di più di quelli avvenuti negli ultimi secoli.

Non lo so se profeti e profezie abbiamo un senso, quello che so è che non atterranno gli Ufo, non ci saranno comete che squarceranno il cielo, ma di sicuro, guardandoci alle spalle al tempo che è stato, ci renderemo conto che nulla di quello che eravamo o credevamo di essere esisterà ancora.

E la verità è che non ne avremo nostalgia e non ne avremo rimpianto, la vera sfida è unire la saggezza che viene dal passato con la tecnologia del nostro futuro, senza che la scienza diventi arrogante o la fede diventi superstizione e che la fine del mondo diventi uno spettacolo a pagamento.