Il mio editoriale per Huffington Post Silvio Berlusconi è tornato. Ancora. Contro tutte le previsioni, contro le leggi della fisica e della natura. Com’è possibile che un ultra-ottantenne seppellito da processi, da condanne e che ha fatto tutto quello che non si deve fare sia ancora in predicato di vincere le elezioni. Dalle corna al summit supremo dei potenti all’attesa della Merkel davanti alla porta di casa, dalle feste eleganti al conflitto d’interessi, dalla vendita del Milan all’incapacità di scegliere collaboratori, un leader cacciato dal “palazzo” tra ali di folla plaudente, un leader deriso dalle cancellerie europee.

Protagonista di una letteratura che ne ha raccontato la dannosità e la pericolosità sociale oltre che l’inconsistenza politica. Tradito dagli amici, rinnegato dagli alleati, insultato dai nemici, costantemente sotto processo, ineleggibile, escluso dal consesso sociale e politico, è tornato ed è in corsa per vincere ancora una volta le elezioni politiche dopo avere vinto quelle regionali siciliane ancora con Gianfranco Miccichè. 

Intere carriere costruite sull’epica lotta per abbatterlo sono diventate partiti politici, progetti editoriali e addirittura quotidiani di lotta. Animati da una presunta superiorità morale e spinti dalla certezza di battersi per il “bene comune”, per la libertà e la democrazia, contro un despota cinico e bugiardo.

Ma ve lo immaginate Bersani fare un comizio con un barboncino sul podio?

Provate a cercare sulla mappa politica Dotti, Previti, Pilo, Gianfranco Fini, persino Lupi, ministro del governo Renzi, è tornato alla casa del padre accompagnato da tanti che erano su fronti opposti: Cesa, Fitto, Meloni Salvini e lo stesso Miccichè.

Molti di loro guidati da Alfano hanno cercato di superare la leadership di Berlusconi attraverso le primarie, ve lo ricordate? C’è chi ha fatto la fila per presentare le firme per partecipare alla corsa ai gazebo che non ha mai avuto luogo non per mancanza di quorum ma per mancanza di quid.

Sociologi, politologi e più prosaicamente sondaggisti si sono affollati a spiegarci i mille perché del berlusconismo. Per spiegare Berlusconi sono scesi in campo tutti da occultisti a psicanalisti, ma tutti dimenticati, superati dal tempo. Persino gli astrologi e i cartomanti hanno dovuto nascondersi e mettere nel cassetto la sfera di cristallo perché Berlusconi è ancora qui che da le carte e si prepara a vincere la partita, unico ad averne la possibilità anche se non dovesse arrivare primo, ma non come Bersani che primo è arrivato perdendo le elezioni.

Dopo che il mondo ha passato settimane a sghignazzare per i cavalieri berberi e il baciamano a Gheddafi, ora la mano la baciano al Cavaliere, mentre Sarkozy è preistoria in Francia e la Merkel gli ha perdonato gli “apprezzamenti al suo fondoschiena“.

Ora, Berlusconi non solo è il salvatore della patria ma è anche il salvatore dell’Europa non solo dal populismo dei pentastellati, ma anche dai suoi alleati sovranisti e patrioti a intermittenza.

Se ci fosse capitato di stare sulla luna negli ultimi 5 anni e fossimo partiti il giorno in cui Mario Monti stava salendo a palazzo Chigi, oggi tornado sulla terra passeremo le nostre giornate in un centro di riabilitazione mentale.

Che cosa è successo? Come siamo arrivati a tutto questo?

Non pensate di liquidare il ritorno di Berlusconi per gli errori dei suoi avversari, non basta l’arroganza di Monti, il delirio egemonico di Renzi, il rancore di D’Alema o l’inconsistenza degli amici di Beppe Grillo a giustificarlo.

Bisogna prendere atto che nonostante l’età il leader di FI è in grado di rappresentare la modernità più di chiunque altro, ormai è un “genere”, un capitolo di una storia che ha saputo interpretare e plasmare andando oltre gli “alibi” delle televisioni (di sua proprietà) e anche oltre le minacce delle nuove tecnologie.

Un genere che ha ispirato e condizionato non solo il nostro Paese, ha anticipato di vent’anni Trump che resta un cattivo interprete del berlusconismo, un po’ Pannella, un po’ Alberto Sordi, un “super Pop” incomprensibile ai palati fini che si apprestano a cambiare i titoli di coda come è successo al saggio Scalfari.

Berlusconi lo hanno raccontato e forse poco capito perché non ci si rassegna all’idea che sia lui a rappresentare l’anima profonda degli italiani. Sarà difficile nei prossimi decenni spiegare perché i contemporanei non lo hanno capito come accadde a Totò o come potranno raccontare che Berlusconi sta alla politica come il futurismo è stata all’arte.

Tutto è possibile in un paese dove tutto l’incredibile è già accaduto.