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L’esercizio dell’analisi dei flussi elettorali è una di quelle funzioni della ritualità politica che mi appassiona di meno e rappresenta l’estensione naturale della campagna elettorale con tutti i vizi che comporta. Anche gli stessi numeri, pur essendo dati oggettivi, possono subire manipolazioni nella dialettica post-elettorale e quindi mi limito ad esprimere le mie opinioni in merito.

Berlusconi ha sicuramente vinto le elezioni, ma ha pagato un prezzo alto e non si tratta certo di un trionfo. Bersani ha subito una sconfitta durissima. Vediamo perché.

Berlusconi ha vinto perché le elezioni regionali rappresentano un appuntamento elettorale di medio termine che tradizionalmente non vanno bene per il governo (vedi il 2005 in cui le regionali si sono concluse con un 11 a 2 e che cosa è successo in Francia a Sarkozy).

Berlusconi si è presentato a questa tornata elettorale in crisi di consenso ed il clima pre-elettorale non era affatto roseo. Questi due fattori negativi sono stati controvertiti dall’indiscutibile vittoria in 4 regioni dove governava il centrosinistra.

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Io come altri ho ritenuto che l’impostazione della sua campagna elettorale fosse completamente sbagliata: la mancanza di un’azione promozionale specifica, la scelta dei candidati, quella dei temi su cui centrare la comunicazione, tutti fattori che mi hanno fatto intuire che il risultato sarebbe stato negativo, invece mi sbagliavo e Berlusconi ha avuto ragione.

Abbiamo il dovere di approfondire il significato di questa vittoria ed il prezzo che è stato pagato perché il numero di voti che il Pdl ha perso rispetto alle politiche è più di 4 milioni, stesso destino è capitato al Pd e questo dato ci porta a riflettere su uno dei significati politici più importanti di questa tornata elettorale, cioè l’astensione, un italiano su tre non ha espresso il proprio diritto di voto.

Apatia, disaffezione alla politica, sono certo che alle prossime politiche non tutti questi elettori, ma buona parte di essi torneranno a votare perché i trend parlano chiaro:europee e regionali non aumentano la passione e la partecipazione politica, ma attenzione non è scritto da nessuna parte che gli elettori che non si sono sentiti coinvolti torneranno a votare gli stessi partiti tra tre anni, rappresentano una zona dell’opinione pubblica che deve essere riconquistata.

Credo altresì che l’astensione metta in evidenza che una parte dei cittadini ha maturato una certa distanza dallo schema berlusconismo e anti-berlusconismo e non si siano sentiti coinvolti dalla chiamata di Silvio e dalla criminalizzazione della sinistra. Queste due categorie appaiono stanche e inadeguate per comprendere e interpretare il futuro. Di certo Berlusconi è uscito rafforzato da questa tornata elettorale e le opposizioni indebolite e questo legittima il suo percorso fino alla fine della legislatura in cui è chiamato alla sfida delle riforme a cui difficilmente potrà sottrarsi.

Vi sono due fenomeni che mi paiono poco compresi: la Lega e i Grillini. La Lega dimostra che la tv e i media non sono fondamentali per vincere le elezioni a patto che ci si occupi del territorio e ha assunto l’abilità tipicamente marxista, della doppia verità: quella che racconta alla gente che incontra per strada, il modello Salvini, secessionista, sprezzante, razzista, capace di sedare le paure, le rabbie di una parte del Nord che si riconosce in questa rappresentazione e dall’altra parte, il modello Bossi/Maroni, il volto di una padre nobile e di buon senso e di un funzionario dello Stato ligio alle leggi, il mix è esplosivo ed il successo garantito.

L’altro movimento sono i Grillini, definiti di sinistra , di protesta e rabbia, istanze che secondo me non rappresentano in modo completo il movimento di Grillo che fonda il proprio indiscusso successo su un programma costruito nel tempo chiaro e dicotomico sul tema dei rifiuti, dell’energia e della giustizia. Non sono di sinistra perché nessuno dei 90mila elettori di Grillo avrebbe votato la Bresso in Piemonte perché in quel caso il fattore distintivo era essere o meno a favore della TAV.

Lungi dall’essere esaustivo su tutti i temi del post-elettorale, solo due elementi legati al futuro: il primo riguarda il Partito del Sud, dove la domanda di una rappresentanza territoriale è diventata forte ed accentuata dal successo della Lega, determinando un vuoto nell’offerta che prima o poi qualcuno dovrà riempire. L’altra è sulla sinistra e centrosinistra, assediata da Di Pietro, dai Grillini e dall’UDC, se sarà tentata dal rimettere in piedi l’Ulivo, inteso come comitato nazionale contro Berlusconi, sarà presa a calci dagli elettori. Ma la vera questione è che oltre a mettere insieme tutti quelli che sono contro, non esistono progetti, idee, percorsi che legittimano la parola “alternativa”, cedendo così lo spazio dell’opposizione alle stesse forze della maggioranza.