Matteo Renzi
Matteo Renzi – segretario del Pd

La comunicazione di Matteo Renzi è sempre più diretta. E perciò la relativa analisi ce lo mostra vincente. Anche nei contenuti, visto che con il messaggio postato oggi nel proprio blog ha rimesso i temi politici al centro della scena.

Legge elettorale, riforma costituzionale minima e diritti civili. Tre temi e tre sberle dirette al volto di una classe politica ormai più inerte che immobile. A cominciare da quella del suo stesso partito.

Particolarmente intrigante l’idea di convocare Luigi Zanda, capo dei senatori Pd, già bersaniano di ferro, e di consegnargli il progetto per abolire quello stesso Senato in cui Zanda siede da due o tre legislature. Un po’ come mettersi al tavolo con il tacchino capo dell’allevamento e fargli capire cosa aspetta lui e tutti quelli come lui, per Natale.

La cosiddetta “analisi comunicazionalepromuove per ora Matteo Renzi, nonostante qualche scivolata come quella della “terra dei fuochi”, e una dose di narcisismo che spesso gli prende la mano

Ma la politica, che lui continuamente dichiara di volere fare tornare forte e dirigente nella vita della società italiana, come lo stesso Renzi sa benissimo, non è fatta solo di comunicazione. Anche se, forse, il buongiorno si vede dal mattino. E anche viceversa.

Luigi Zanda
Luigi Zanda

Certo adesso i due principali partiti con rappresentanti in Parlamento, i Cinque Stelle (reduci da una performance televisiva di fine anno vagamente fantozziana del loro guru Beppe Gillo), e Forza Italia (che appare, col suo vecchio ma amato – dagli elettori – leader, indecisa su tutto, tanto per cambiare), si trovano di fronte a un vero e proprio triplo ultimatum. Composto da tre proposte per la legge elettorale (modello spagnolo, modello legge sindaci con 118 piccole circoscrizioni e doppio turno o rivisitazione del “Mattarellum” con la zavorra del recupero proporzionale trasformata in parte in premio di maggioranza e in parte in diritto di tribuna), una decisione da prendere per l’abolizione del Senato (per farlo diventare la Camera degli enti locali, con rappresentanti designati dalle regioni e dalle città metropolitane, ma senza emolumenti -cosa che da sola basterebbe a creare nella vecchia guardia del Pd un vero e proprio attacco di crisi isterica), e, last, but not least, una bella patata bollente fatta di scelte da compiere sui diritti civili. Degli immigrati, del lavoro, delle coppie di fatto e dei gay. Senza nascondersi più dietro il dito delle leggi pessime “fatte da altri”. Come ha in pratica fatto quasi ogni partito di sinistra negli anni governati da Prodi, D’Alema e Amato in interregno tra un esecutivo Berlusconi e l’altro. Governi tecnici o para tali compresi.

E infatti l’ultimatum renziano di oggi è cogente anche per il caro Enrico Letta, che non potrà democristianamente tirare a campare, come forse si illude di fare grazie al sostegno di Napolitano.

Enrico Letta
Enrico Letta

Con leggi come la Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi, i Pacs, i Dico e perché no, unioni civili, dice Renzi, non si gioca più a nascondino e non ci si pavoneggia nei talk show, ma si fa sul serio.

Decidere, scegliere, fare veri e propri ultimatum agli altri partiti in parlamento. Ma soprattutto a una politica che è solo “far carriera” , per citare un noto verso della canzone “Dio è morto” dei Nomadi. E che da venti anni, dal post tangentopoli a oggi, ha trovato nel consenso della propria “parrocchietta” l’alibi per non agire. Per non sporcarsi le mani. Fino a farsi scavalcare da altri poteri, più o meno forti, come la magistratura, le banche, la finanza e le lobby mediatico-affaristico-giudiziarie che dominano il paese.

E’ dai tempi di Bettino Craxi che non si sente un leader di sinistra così deciso al cambiamento.

Se poi le sue parole saranno sincere lo scopriremo presto. Se Renzi è un bluff dura poco. Lui nel suo “post” dice che i suoi elettori lo fermano per strada e gli chiedono: “allora, Matteo, quando si fa la legge elettorale, quando si abolisce il Senato” ecc… Forse è un artificio retorico per introdurre un argomento con più forza. Forse è anche vero.

La scommessa è ancora lunga a livello politico. Ma nel linguaggio e nel modo di comunicare Matteo sembra averla già vinta. Ora dovrà cercare di non deludere chi ha investito su di lui per evitare di finire in discarica come molti altri negli ultimi tempi.