Di Dimitri Buffa – Libero. Ambrogio Crespi è tornato a essere un uomo libero. Dopo oltre 200 giorni di ingiusta e inutile detenzione, anche per i pretesi fini della custodia cautelare. Presto dimostrerà anche la propria innocenza, mentre la sua famiglia giustamente gioisce di questo momento dopo sette mesi di bocconi amari. Una famiglia che ha sempre evitato polemiche con la pubblica accusa. E che ha aiutato Ambrogio, con il prezioso apporto degli avvocati Giuseppe Rossodivita e Marcello Elia, a difendersi nel processo e non “dal”, come ormai in Italia fanno quasi tutti, politici e non. Compresi quelli che hanno contribuito allo sfascio della giustizia penale e civile. Che quando si abbatte su un cittadino qualsiasi tutti fanno finta di non vedere e di non capire. Quando invece appena sfiora uno qualsiasi di lorsignori, compresi quelli in toga, allora e solo allora qualcuno si accorge che tutto il sistema delle garanzie processuali e di tutela dell’individuo è andato a farsi benedire in nome della “narrazione” mediatica di alcune inchieste.

Quella in cui è incappato Ambrogio Crespi è stata una di queste. La ‘ndrangheta al nord è una cosa seria, alcuni ne hanno parlato in tv prima degli altri. Ma ci sono state procure nel Nord Italia che si sono sentite scavalcate dai vari Saviano. E hanno deciso di marcare il territorio: è successo a Milano ed è successo a Torino. Ma siccome non si fanno le inchieste come gli instant book, alla “ndo cojo cojo”, ecco che i primi sgradevolissimi effetti collaterali non hanno mancato di farsi vedere.

La detenzione dell’eroico Ambrogio Crespi (eroico a resistere in un sistema carcerario da terzo mondo fatto apposta per aiutare la pubblica accusa a convincere gli imputati a confessare qualche cosa anche se innocenti) è stata uno di questi effetti collaterali.

L’inchiesta adesso semplicemente è tornata quasi alla partenza come nel gioco dell’oca: la professionalità dei magistrati che non va mai messa in discussione è stata tale, in questo caso, che né i pm né il gip né il gup si sono accorti che sette dei 17 coimputati di Ambrogio in questa storia dei voti di ‘ndrangheta comprati, forse, dall’ex assessore alla casa della giunta Formigoni, Domenico Zambetti, erano accusati anche del gravissimo reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, competente la corte di assise, non il tribunale o il giudice unico. Tutta questa fretta di mettere la gente in galera, anche quella incensurata e che si dichiarava estranea a ogni contatto con la criminalità organizzata, e poi, con un errore che farebbe bocciare al concorso in magistratura anche il più raccomandato e “figlio di” tra i partecipanti, ecco che anche coloro che hanno confessato attività paramafiose o con a carico gravi indizi di colpevolezza torneranno liberi a ottobre per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Sulla vicenda di Ambrogio si è già scritto tutto: due persone al telefono millantano il suo nome e i pm prima e il gip poi, senza fare quei riscontri che solo la difesa ha voluto, e dovuto, fare, si bevono la storia del “sondaggista di Berlusconi” (così come lo definì in una storica conferenza stampa Ilda Boccassini, peraltro confondendolo con il fratello Luigi, che poi da anni di sondaggi per il Cav non si occupava più, ndr) che fa da tramite con la ‘ndrangheta per portare voti a uno mai conosciuto prima come Zambetti. E in cambio di soldi che vengono promessi ma mai dati, né percepiti. E nemmeno chiesti. Una “bufala” come quella di Enzo Tortora “cinico mercante di morte”. Così come d’altronde i protagonisti di questa inchiesta, dai pentiti ai comprimari, non hanno un grado di cialtronaggine inferiore a quello dei vari Barra, Pandico e Melluso dell’epoca.

Pannella molto maliziosamente, allorché Luigi Crespi, il fratello di Ambrogio che con il suo impegno ha tenuto alta la tensione informativa sullo scandaloso errore giudiziario anche facendo lo sciopero della fame e della sete (un fratello così lo vorrebbero tutti, ndr), prese la parola in una ormai storica conferenza stampa, presente anche Rita Bernardini, lo interruppe dicendo: “eh sì credevano di avere fatto il colpo grosso con il sondaggista di Berlusconi”. Insomma l’inveramento di un teorema che stava tutto nei desiderata di alcuni rappresentanti della pubblica accusa. Bello, no sarebbe, potere dimostrare che un uomo di Berlusconi fosse stato un affiliato della ‘ndrangheta. E poi al nord, che è una cosa che va così di moda dopo che ne ha parlato Saviano in tv. Roba da meritare una nomination dei Cinque Stelle per la presidenza della repubblica.

“Mannaggia però – avranno pensato – qualcuno poteva dircelo prima che Ambrogio non ha mai fatto sondaggi per nessuno e che neanche il fratello Luigi da anni svolge più quella attività per il gruppo Mediaset”.

Ma come si è visto con Tortora, non è mai esistito un magistrato non solo che paghi per i propri errori, ma nemmeno che li riconosca strada facendo. Magari per attenuarne le conseguenze.

Oggi Ambrogio Crespi è libero, ma noi italiani lo saremo di più quando la sua innocenza verrà conclamata da una sentenza definitiva. Quando potrà dire, come Enzo Tortora, a chi lo dovrà giudicare: “signori io sono cosciente di essere innocente, spero che possiate dire la stessa cosa di voi.”