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Cominciamo un viaggio nella campagna elettorale per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo che ci porterà ad osservare come la comunicazione dei partiti e dei candidati cambia, evolve e si sviluppa, concentrandoci soprattutto su quella più visibile “l’esterna”, cioè l’affissione. La prima osservazione è che dopo le campagne berlusconiane di inizio decennio, l’affissione come strumento di comunicazione ha perso buona parte della sua capacità di sorprendere, diminuendo così la sua efficacia. I poster sei per tre, che potranno essere appesi nelle nostre città solo fino alla fine di febbraio, non hanno quella presenza massificante che abbiamo visto negli anni passati, perciò questo strumento è stato scartato da molti “strateghi elettorali”.

L’altra osservazione che sta sotto gli occhi di tutti è che la qualità creativa dei manifesti è precipitata e si ha spesso l’impressione che si tratti di prodotti artigianali, fatti in casa, con proporzioni sbagliate, colori sbagliati e slogan ripetitivi e di nessun impatto. Alcune campagne di candidati locali che mi è capitato di vedere rasentano la comicità ed in questa mia rubrica avremo modo di riderne insieme.

Cominciamo a dare un’occhiata alla comunicazione del Partito Democratico: abbiamo sino ad ora visto un articolato numero si soggetti che richiamano le parole d’ordine del PD ed uno in particolare ha come soggetto il neo segretario Bersani.

Complessivamente i manifesti hanno sicuramente un taglio professionale, ma il tentativo di dare voce attraverso le parole scritte, con effetto “nuvoletta”, è francamente vecchio ed è un grave errore sovrapporre la nuvoletta al volto di chi parla.

Inoltre l’utilizzo di testimonial sconosciuti, quindi di volti, non sempre raccoglie quell’effetto simbolico che sarebbe necessario ed il claim “In poche parole un’altra Italia” suona arrogante, carico, di prosopopea , rinforzando l’idea di un certo distacco di questo partito dall’opinione pubblica che non viene compensata né dagli argomenti raccontati nel multisoggetto , né dall’articolazione complessiva della comunicazione del PD che non risolve certo i propri problemi di relazione con questa campagna.

Un altro esempio in chiave locale, è uno dei soggetti che Filippo Penati, candidato Presidente, ha utilizzato in Lombardia: in questo caso a parte la grafica rozza, viene confermato che la presunzione è un problema culturale e di linguaggio dei Democratici.

Inoltre tutta la campagna è costruita su un gioco di parole: E’ tempo di cambiare” quindi metti la sesta con Penati, poco adatta ad una campagna di affissione a cui la gente dedica qualche secondo… se non si trova in coda sul ponte della Ghisolfa e allora alto che sesta! Quindi se Penati pensa di colmare il divario con Formigoni con queste idee, credo che a cambiare debba essere lui… ..almeno agenzia!. Il Clandestino