napolitano

Quando ho ricevuto la chiamata de il Tempo per il pezzo sul discorso di Napolitano un brivido è corso lungo la schiena. A Capodanno ero al lavoro e l’unica preoccupazione era per la durata del discorso e come questo poteva impattare sul resto della serata. Non avevo nessuna aspettativa, sapevo, come la maggioranza degli osservatori, cosa avrebbe detto e di questo ho solo cercato conferma sulle agenzie.

La telefonata ovviamente mi ha messo nelle condizioni di rivedere il discorso e di farlo con una certa calma, anche con i risultati d’ascolto e con tutte le reazioni ben rappresentate. Esprimere un giudizio sul discorso di Giorgio Napolitano non esime da una posizione politica perché quello che ha detto il presidente ha diviso ferocemente le forze politiche tra chi lo eleva a padre assoluto della patria e ne santifica l’operato e chi lo rilega ad un bieco uomo di parte usurpatore del dettame costituzionale.

Il mio giudizio tecnico non può che inserirsi in questo quadro e rischiare di essere strumento di uno o dell’altro. Ma il mio sforzo sarà quello di mantenermi distaccato e offrirvi una lettura, almeno nelle intenzioni, oggettiva partendo dall’analisi dei risultati d’ascolto. I media hanno parlato di boom: più del 60% di share e 13 milioni di ascoltatori. Francamente questo boom non c’è stato, perché i 13 milioni che prendiamo per buoni stanno a significare (visto che gli italiani contati dall’Istat sono più di 60 milioni) che circa 8 italiani su dieci hanno trovato altro da fare che non sintonizzarsi su una delle reti (quasi tutte) che hanno dato l’integrale del discorso.

Non possiamo usare come riferimento esclusivamente lo share dell’Auditel perché non si tratta di una campagna pubblicitaria. Il 60% di share è dato dalla percentuale di televisori sintonizzati sul discorso dal Quirinale, ma visto che il discorso non era rivolto solo ai telespettatori, ma agli italiani tutti, omettere che 8 su 10 non lo hanno seguito può dare una rappresentazione fuorviante della realtà.

 

Anche l’incremento rispetto all’anno scorso pare poco significativo, se portato a confronto con i dati di qualche anno fa: lo share che otteneva il discorso del presidente non andava sotto il 70% toccando spesso l’80%.

Dal punto di vista semiologico il discorso di Napolitano è quello di un anziano signore stanco, a tratti sfinito, incerto e protetto dai tagli nelle registrazione che cercano di nasconderne le evidenti difficoltà. Indugiare su questo sarebbe ingeneroso e di cattivo gusto, come del resto la messa in scena del set, che aveva aspetti francamente discutibili, come la cartella di pelle buttata sulla scrivania o il bicchiere d’acqua, o il decoro floreale un po’ funereo. Più che vintage sembrava dal punto di vista simbolico un discorso dal passato, una rappresentazione più da «cinegiornale» che una comunicazione della contemporaneità. Ma questa è la cifra di Napolitano che nelle prime battute del suo intervento ha comunicato con schiettezza che non solo «non ce la fa più», ma con serenità ha accusato le ingiurie del tempo. E se si fosse presentato in modo diverso avrebbe rasentato il ridicolo.

Certo, dopo Napolitano nulla sarà come prima. Ha interpretato il ruolo di garante in modo molto originale, riempiendo di volta in volta i vuoti lasciati da altri e Interpretando il bene del Paese, prendendo parte attiva alla vita politica. Certo chi chiede un presidente distaccato e capace di rappresentare tutti gli italiani non può riconoscersi in Napolitano, come chi è contro l’euro, chi non crede nelle riforme del governo e sono ancora di più quelli che non possono sentirsi rappresentati da Napolitano perché le sue posizioni politiche sono nette. Il presidente è sempre Stato coerente con chi lo ha eletto: il parlamento con le maggioranze parlamentari. Coerente con l’Europa in passato, così come oggi sulle riforme.

Chi vuole un presidente che risponda agli italiani e che li rappresenti deve pretendere che il presidente della Repubblica sia eletto dagli italiani stessi. Ultima annotazione: Napolitano ha citato nel suo discorso Matteo Renzi, Papa Francesco, Gianotti, Cristoforetti, Fabrizio il medico di Emergency, Petrucciolo e gli italiani che hanno soccorso il traghetto in fiamme al largo della Puglia. Non ha citato Latorre e Girone, i due Marò forse per non disturbare l’opera del governo. O forse per evitare di dire cosa pensa.