Il discorso di Angelino Alfano con il quale è stato chiamato alla segreteria del Pdl ha generato consensi, in alcuni casi il silenzio come per Claudio Scajola, in altri elogi entusiasti.

Quaranta minuti di discorso con una postura da quasi leader senza sbavature ma senza entusiasmo, Alfano si è dimostrato un quarantenne con un linguaggio e un approccio da consumato e noioso politico del secolo scorso.

Chiunque sottovalutasse Angelino farebbe un errore che potrebbe essere fatale: Alfano è freddo, cinico, capace di trovare la misura che non lo mette mai fuori tempo sempre nel modo che serve a lui. Ma la capacità di generare fiducia, di alimentare entusiasmo sono cose che non stanno nel suo arsenale e che nessun spin-doctor potrà insegnargli.

Alfano ha riunito intorno a Berlusconi il Pdl poco prima che implodesse, e ha saputo generare consenso tra gli apparati, tra le componenti e le varie correnti sistemando i malpancisti e rimandando la resa dei conti.

Ma da tutto ciò non ha guadagnato un solo voto, non ha convinto un solo indeciso, non ha rincuorato nessun deluso e se per questa funzione pensa di contare su quello che resta di Silvio Berlusconi, allora stanno freschi.

Angelino ha tempo, può permettersi di stare fermo un giro, sarà proprio lui a seppellire Silvio Berlusconi e sarà lui a decantare l’appassionato discorso d’addio ma non sarà lui l’erede del patrimonio elettorale del Cavaliere.