Il clima si è fatto torbido, avvelenato. La rappresentazione nei talk televisivi di questa estate è surreale. Valanghe di parole che rimbalzano su media nuovi e vecchi che cercano una dimora, un destino. Un giro di giostra dove la velocità cresce fino a farti girare la testa senza spostarsi di un pò dal posto dove si è partiti. Fantasmi ossessionati e trasecolati appaiono gli opinion leader, storditi ed esausti giornalisti che non sanno leggere, politici che non sanno parlare e leader dal carisma di un batacchio da portone.

La gerarchia dei problemi segue la messa in scena di un proscenio che nessuno è in grado di resettare e che incombe su tutti, confondendo la propria esperienza individuale con una rappresentazione collettiva in cui nessuno si riconosce. Una coazione a ripetere ossessiva e dilagante che degrada  intelligenze e speranze.

Il futuro è un oscuro dedalo di insidie e paure, governato da anziani avidi e voraci e rifuggito da giovani informati ma privi di rabbia e carichi di rancori.

Forse si tornerà alle urne e sempre meno italiani voteranno e sempre di più ci racconteranno che qualcuno ha vinto. Forse non si voterà più, pare che non serva.

Io mi ostino a costruire su macerie, ma non riesco a non continuare a sorridere anche se mi sono dimenticato il perché.